È SEMPRE OBBLIGATORIA L’ISCRIZIONE ALL’ALBO

E la condotta occasionale non costituisce deroga al reato

Nel caso in esame è stato accertato il trasporto di rifiuti pericolosi, con l’ammissione, da parte di uno dei ricorrenti, del proprio mestiere di raccolta e di trasporto di materiale ferroso [nella specie contenente oli e grassi minerali], cui si aggiunge l’ammissione della collaborazione di altre persone.
Il tutto  in mancanza della prescritta iscrizione nell’albo nazionale delle imprese esercenti servizi di smaltimento dei rifiuti e con l’aggravante dello stato d’emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti, dichiarato nel territorio della Regione Calabria con DPCM emesso il 18.12.2009 ai sensi della legge n. 255/1992.
Il trasporto di tali rifiuti richiede l’iscrizione all’Albo nazione di cui all’art. 30 del decreto n. 22/1997 e l’insussistenza di tale requisito integra, essendo stato il fatto commesso nella Regione Calabria, alla quale è stata estesa la disciplina emergenziale introdotta per la Regione Campania, non già il reato di cui all’art. 256, comma primo, d. lgs. n. 152 del 2006, ma quello più grave di cui all’art. 6 lettera d) della legge n. 210/2008, contestato agli imputati.
Né, può essere invocata la buona fede “in ordine al trasporto dei rifiuti commesso in violazione della normativa che lo rende legittimo soltanto previa iscrizione all’Albo nazione di cui all’art. 30 del decreto n. 22/1997, sicché la condotta degli imputati non può essere in alcun modo giustificata sussistendo a carico del trasportatore l’obbligo di acquisire tutti i dati conoscitivi necessari per il suo corretto esercizio”.
Questo , perché: “ai fini della configurabilità dell’ignoranza inevitabile, e quindi scusabile, della legge penale, la scriminante della buona fede può trovare applicazione solo nell’ipotesi in cui l’agente abbia fatto tutto il possibile per adeguarsi al dettato della norma e questa sia stata violata per cause indipendenti dalla volontà dell’agente medesimo, al quale, quindi, non può essere mosso alcun rimprovero, neppure di semplice leggerezza. Non è sufficiente, dunque, ad integrare gli estremi dell’esimente in parola il comportamento passivo tenuto dall’imputato, essendo, invece necessario che questo si attivi(informandosi presso gli uffici competenti, consultando gli esperti in materia, ecc.) al fine di adeguarsi all’ordinamento giuridico” [Sezione III n. 4012/1990, RV. 186394].
Inoltre, come già evidenziato sulle pagine del Notiziario, la collaborazione occasionale non esclude il reato (Cassazione Sezione 3, Sentenza n. 24428/2011 RV 250674, ove si legge che: “Il reato di trasporto non autorizzato di rifiuti si configura anche in presenza di una condotta occasionale, in ciò differenziandosi dall’art. 260 D. Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, che sanziona la continuità dell’attività illecita”.
A maggiore informazione dei lettori pubblichiamo il testo della sentenza così come desunto dal sito: www.lexambiente.it.

REPUBBLICA ITALIANA
In nome del popolo italiano

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Terza Sezione Penale

(omissis)

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sui ricorsi proposti da (omissis) avverso la sentenza la sentenza pronunciata dalla Corte d’Appello di Catanzaro in data 16.12.2010 che ha confermato la condanna alla pena della reclusione e della multa loro inflitta nel giudizio di primo grado per il reato di cui all’art. 6 comma 1 lettera d) legge n. 210/2008;

Visti gli atti, la sentenza denunziata e i ricorsi;
Udita in pubblica udienza la relazione del Consigliere (omissis);
Sentito il PM nella persona del PG, (omissis), che ha chiesto dichiararsi inammissibili i ricorsi;

OSSERVA

Con sentenza in data 16.12.2010 la Corte d’Appello di Catanzaro confermava la condanna alla pena della reclusione e della multa inflitta nel giudizio di primo grado a (omissis) quali colpevoli del reato di cui all’art. 6 comma 1 lettera d) n. 2 legge n. 210/2008 per avere [vigendo lo stato d’emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti, dichiarato nel territorio della Regione Calabria con DPCM emesso il 18.12.2009 ai sensi della legge n. 255/1992] trasportato con motocarro Fiat 40 NC 35 B targato (omissis) rifiuti pericolosi [parti meccaniche di autovetture contenenti oli e grassi minerali, monoblocco di motore con fuoriuscita d’olio, copertoni, cerchioni di ferro, marmitte, ammortizzatori, fili di rame, infissi in alluminio] in mancanza della prescritta iscrizione nell’albo nazionale delle imprese esercenti servizi di smaltimento dei rifiuti.

Nel corso di un servizio i CC avevano controllato il suddetto veicolo, condotto da (omissis), che aveva asserito che le persone trasportate collaboravano con lui nell’attività di raccolta e di trasporto del ferro vecchio e, in particolare, che (omissis) stava prestando una collaborazione occasionale.

Proponevano ricorsi per cassazione gli imputati denunciando violazione di legge e vizio di motivazione
• sulla ritenuta configurabilità del reato, indotto per fronteggiare l’emergenza nel settore dello smaltimento rifiuti, “per l’evidente carenza sia dell’inadeguatezza dell’azione che del relativo profilo psicologica palesemente carente nella circostanza” [(omissis)];
• sulla ritenuta legittimità costituzionale del suddetto DPCM che, estendendo la normativa sull’emergenza rifiuti prevista per la Regione Campania alla Regione Calabria, aveva previsto “l’inasprimento di pena” per fatti commessi in Calabria violando il principio nulla poena sine praevia lege poenali [(omissis)];
• sull’affermazione di responsabilità pur in mancanza dell’elemento psicologico del reato essendo il conducente del veicolo in possesso di un formulario di rifiuti regolarmente compilato [(omissis)];
• sulla conferma della pronuncia di condanna nei confronti di (omissis) che “era semplicemente a bordo del camion che stava trasportando i rifiuti” senza concorrere nel trasporto illecito non essendo ravvisabile compartecipazione morale anche alla stregua delle dichiarazioni liberatorie dei coimputati.

Chiedevano tutti l’annullamento della sentenza impugnata.

I ricorsi, che propongono censure che contestano la ricostruzione fattuale operata dai giudici del merito e che muovono erronee argomentazioni giuridiche, sono manifestamente infondati e devono essere dichiarati inammissibili con le conseguenze di legge.
In fatto, è stato accertato, con motivazione incensurabile, che rifiuti pericolosi sono stati trasportati con un motocarro, condotto da (omissis) il quale, nell’ammettere di svolgere per mestiere attività di raccolta e di trasporto di materiale ferroso [nella specie contenente oli e grassi minerali], ha aggiunto di avvalersi della collaborazione delle persone che viaggiavano con lui.
Il trasporto di tali rifiuti richiede l’iscrizione all’Albo nazione di cui all’art. 30 del decreto n. 22/1997 e la pacifica insussistenza di tale requisito integra, essendo stato il fatto commesso nella Regione Calabria, alla quale è stata estesa la disciplina emergenziale introdotta per la Regione Campania, non già il reato di cui all’art. 256, comma primo, d. lgs. n. 152 del 2006, ma quello più grave di cui all’art. 6 lettera d) della legge n. 210/2008, contestato agli imputati.
L’estensione alla regione Calabria della disciplina emergenziale è intervenuta ai sensi e per gli effetti dell’art. 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225 con la conseguenza che alle particolari ipotesi d’illeciti in materia di rifiuti si applicano le norme sanzionatorie previste dall’art. 6 della legge 210/2008, sicché sono palesemente erronei i rilievi difensivi relativi all’inoffensività della condotta e all’inasprimento della pena che consegue dalla operatività, ratione loci, della legge n. 2008/2010 per effetto dell’emanato DPCM dianzi menzionato.
Correttamente i giudici di merito hanno escluso l’invocata buona fede in ordine al trasporto dei rifiuti commesso in violazione della normativa che lo rende legittimo soltanto previa iscrizione all’Albo nazione di cui all’art. 30 del decreto n. 22/1997, sicché la condotta degli imputati non può essere in alcun modo giustificata sussistendo a carico del trasportatore l’obbligo di acquisire tutti i dati conoscitivi necessari per il suo corretto esercizio.
Ne consegue che l’inconsistenza della predetta doglianza sulla buona fede per la quale non costituiscono elementi di supporto le circostanze fattuali segnalate dall’imputato (omissis) e prese in considerazione dai giudici di merito perché “ai fini della configurabilità dell’ignoranza inevitabile, e quindi scusabile, della legge penale, la scriminante della buona fede può trovare applicazione solo nell’ipotesi in cui l’agente abbia fatto tutto il possibile per adeguarsi al dettato della norma e questa sia stata violata per cause indipendenti dalla volontà dell’agente medesimo, al quale, quindi, non può essere mosso alcun rimprovero, neppure di semplice leggerezza. Non è sufficiente, dunque, ad integrare gli estremi dell’esimente in parola il comportamento passivo tenuto dall’imputato, essendo, invece necessario che questo si attivi(informandosi presso gli uffici competenti, consultando gli esperti in materia, ecc.) al fine di adeguarsi all’ordinamento giuridico” [Sezione III n. 4012/1990, RV. 186394].
Anche sulla compartecipazione all’illecito di (omissis) la sentenza impugnata è adeguatamente motivata essendo stato puntualizzato che il conducente e il proprietario del veicolo ha indicato i trasportati quali suoi collaboratori nell’attività di raccolta di ferro vecchio [la collaborazione occasionale non esclude il reato: Cassazione Sezione 3, Sentenza n. 24428/2011 RV 250674 “Il reato di trasporto non autorizzato di rifiuti si configura anche in presenza di una condotta occasionale, i ciò differenziandosi dall’art. 260 D. Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, che sanziona la continuità dell’attività illecita. (Fattispecie in tema di sequestro preventivo disposto, tra l’altro, per il reato da cui all’art. 6 D.L. n. 172 del 2008, conv. con modd. in L. n. 210 del 2008, applicabile nella Regione Calabria in quanto soggetta al regime emergenziale in materia di rifiuti)”], sicché correttamente è stata ritenuta la compartecipazione criminosa del predetto nella forma dell’esecuzione del fatto.

PQM

La Corte dichiara inammissibili i ricorsi e condanna ciascuno dei ricorrenti al pagamento delle spese per procedimento e al versamento alla cassa delle ammende della somma di € 1.000.

Così deciso in Roma nella pubblica udienza il 15.12.2011

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