QUANTO COSTA LA MALA GESTIONE DELLA MOBILITÀ?
27 miliardi di Euro… Persi nel traffico!
Mappa del carico medio di biossido di azoto presente nell’aria (Fonte: IUP Heidelberg)
I raggi infrarossi delle immagini satellitari dell’Europa rilevano forti livelli di inquinamento nell’area del Nord Italia; ciò che colpisce, inoltre, è riscontrare che il medesimo problema si ha anche nelle aree urbanizzate di Parigi e di Rotterdam, ma è il Nord Italia a essere nelle peggiori condizioni in tutta Europa presentando il problema con diffusione fino alla scala macro-regionale.
L’Italia del dopo guerra ha affrontato i problemi legati alla mobilità, potenziando la dotazione infrastrutturale e concentrandosi in particolar modo su quella di lunga distanza, trascurando di fatto le brevi distanze, nel trasporto sia di merci che di persone; senza tenere conto del ruolo che il suo miglioramento potrebbe svolgere nel generare nuove opportunità di sviluppo e di aumento di valore sul territorio.
In Italia i maggiori fenomeni di congestione si manifestano attorno e dentro le città, infatti, secondo un’indagine sulla mobilità a cura dell’Istituto Superiore di Formazione e Ricerca per i Trasporti (ISFORT), poco meno del 75% degli spostamenti avvengono entro distanze inferiori ai 10 km, mentre più della metà non supera i 6 km. Nell’ambito del Programma Infrastrutture Strategiche (PIS), però, solo il 10,4% degli investimenti del settore dei trasporti è stato destinato ad interventi finalizzati al decongestionamento delle città attraverso la realizzazione di progetti infrastrutturali per il trasporto ferroviario e stradale e dei relativi nodi.
All’elevata concentrazione abitativa degli agglomerati urbani italiani si associa inevitabilmente una crescente fragilità e vulnerabilità ai problemi legati al malfunzionamento della mobilità. Il problema, poi, tenderà ad aggravarsi, se si tiene conto che la percentuale della popolazione residente nelle aree urbane è passata nel nostro Paese dal 54 % del 1950 all’attuale 68% con una proiezione al 2050 dell’81%.
Ma quanto ci costa in termini di sprechi e malfunzionamenti avere una gestione inefficiente dei trasporti?
27 miliardi di Euro ogni anno, di cui 8 solo nella città di Roma. Sono queste le cifre emerse dal Rapporto “Scenari e opzioni per una mobilità sostenibile”, curato dal Grif, il Gruppo di Ricerche industriali e finanziarie dell’Università Luiss “Guido Carli”, in collaborazione con Formiche, Magazine di politica, economia e cultura.
Secondo l’analisi economica del report, promosso da “Roma Capitale” e dal Ministero dell’Ambiente, i problemi della mobilità urbana possono essere declinati lungo due principali dimensioni:
– quella temporale, che va letta sotto il profilo economico per l’impatto che ha in termini di perdita di valore – che potrebbe essere generato nel “tempo perso” – associata a una minore fluidità degli spostamenti;
– quella ambientale, il cui rilievo è acuito dagli effetti maggiormente diretti sulla salute umana.
Per quanto riguarda la dimensione temporale, i costi si aggirano attorno ad un intervallo che varia dai 17 miliardi di Euro ai 27 miliardi di Euro. Questa quantificazione è stata ottenuta considerando che mediamente in Italia il tempo aggiuntivo a causa del traffico per gli spostamenti con auto private è di circa 13 minuti, che diventa quasi tre quarti d’ora in un’area metropolitana come quella di Roma. Ipotizzando 200 giorni l’anno in cui si manifestano fenomeni di congestione e che il 60% del parco auto italiano si muove giornalmente, ogni veicolo perde annualmente circa 40 ore per la presenza di congestione, ovvero 5 giornate lavorative.
La questione del tempo è strettamente legata all’attivazione di nuovi mercati, in primis quelli più strettamente legati al tempo libero, che potrebbero generare un impatto economico significativo e immediato sul territorio.
Se questo tempo risparmiato dagli spostamenti, fosse impiegato in attività in grado di generare valore sarebbe quindi possibile stimare, sulla base dei dati riferiti al 2010 dell’Organizzazione Europea per la Cooperazione Economica (OECD), a circa 32 Euro, un valore potenziale di quasi 27 miliardi di Euro, pari a oltre l’1,8% del PIL realizzato in Italia sempre nel 2010.
Per quanto riguarda gli aspetti legati all’impatto ambientale, oltre il 49% delle emissioni di polveri sottili in Italia è prodotto dal settore dei trasporti, di cui oltre il 65% deriva dal trasporto stradale. In numerosi contesti urbani, il traffico veicolare costituisce, secondo i dati ISPRA, la principale fonte di inquinamento atmosferico e le percentuali sono ancora più elevate per quanto riguarda il biossido di azoto, che è prodotto dai mezzi di trasporto su ruota per l’84% a Napoli, l’80% a Prato e il 79% a Roma.
Si tratta di un problema che, oltre a incidere fortemente sul benessere e sulla salute dei cittadini, ha degli enormi risvolti economici, da un lato per i maggiori costi che implica sui sistemi sanitari, dall’altro poiché coinvolge in una differente prospettiva la nostra capacità di conseguire gli obiettivi di Kyoto e i target vincolanti assunti in ambito europeo nel recente pacchetto 20-20-20.
La mobilità sostenibile rappresenta l’unica soluzione per eliminare sprechi e malfunzionamenti.
“Bisogna invertire la tendenza alla dispersione territoriale spingendo verso una compattazione della città. – ha chiarito il Prof. Agostino Cappelli, supervisore del Rapporto – Occorre strutturare il territorio con una rete integrata stradale e ferroviaria incentrata su HUB ferroviari (o metropolitani o tranviari) in modo da poter facilitare l’acceso ai sistemi collettivi per la parte principale degli spostamenti”.
In Europa del resto i buoni esempi non mancano.
A Londra un cittadino su 5 si sposta a piedi e altrettanti con autobus, metro o in treno; a Berlino, invece, il 13% della cittadinanza usa la bici, il 31% decide di andare a piedi, il 27% usa i mezzi pubblici e solo il 29% si sposta con la propria auto. A Parigi, invece, la metà dei cittadini va a piedi o usa il trasporto pubblico locale.
Dopo aver investito pesantemente sulla mobilità sostenibile le principali capitali del vecchio continente hanno raggiunto risultati considerevoli, anche per ciò che riguarda la diffusione di veicoli alimentati da energia elettrica. Anche in Italia si è cominciato ad investire in questo senso, basti pensare al Progetto E-moving nei Comuni di Milano e Brescia o il Piano di mobilità elettrica della città di Parma 2011-2015 che rientra nel progetto Zero Emission City.
“I veicoli elettrici possono essere introdotti nel mercato dei mezzi pubblici (car sharing, taxi, minibus, auto blu) al fine di migliorare il loro collaudo e così avviare la distribuzione territoriale delle ricariche e tendenzialmente abbassare i costi. – ha spiegato il prof. Cappelli – Questo obiettivo si può ottenere anche con un’integrale riprogettazione dei veicoli, diminuendo i pesi complessivi e quindi ottenendo maggiori autonomie”.
I costi del traffico e della congestione stanno diventando sempre più insostenibili e gli interventi sulla mobilità hanno bisogno di un profondo ripensamento che vada al di là della ormai obsoleta dicotomia tra trasporto pubblico e trasporto privato. Tra le varie politiche è, infatti, necessario inserire nuovi stimoli per la gestione efficiente della domanda di mobilità, l’uso di veicoli alternativi meno impattanti e una pianificazione più attenta del territorio e delle scelte insediative.