OBIETTIVO: MOBILITÀ SOSTENIBILE
Ma per il coordinatore nazionale FIAP, Roberto Galanti, il camion è e resterà insostituibile per la raccolta e trasporto dei rifiuti
Mentre alcune metropoli del globo cominciano ad attrezzarsi per implementare il proprio parco auto pubbliche con veicoli a basso impatto ambientale e la stessa utenza privata si scopre ogni giorno più interessata a nuovi vettori energetici in grado di soddisfare le esigenze ambientali, raccolta e trasporto dei rifiuti (tanto gli urbani, quanto gli speciali), continua ad essere effettuata con autocarri tradizionali. D’altro canto, anche il trasporto delle merci, soprattutto nel nostro Paese, impatta notevolmente sulla mobilità di strade urbane ed extraurbane. Se la crisi economica e finanziaria in atto ci impongono un ripensamento delle abitudini consolidate (accanto alla necessità di rivedere parecchi processi e dinamiche particolarmente energivore), quello dell’autotrasporto diventa un settore strategico che attraversa trasversalmente tutti i comparti del sistema produttivo: estrazione/captazione dei materiali-produzione-distribuzione. C’è ancora un futuro, dunque, per l’autotrasporto tradizionale? Come hanno reagito le imprese del comparto alla recente produzione normativa in materia di tracciabilità dei rifiuti? È sempre e solo il mercato a dettare le regole del gioco? Alle nostre domande ha risposto il coordinatore nazionale FIAP, Roberto Galanti.
Dott. Galanti, la grande novità che tiene sospese da anni aziende che producono, trattano e trasportano rifiuti è il nuovo Sistema informatico di tracciabilità degli stessi; il SISTRI. Può farci un commento dal punto di vista Fiap sulla ennesima proroga?
La proroga se non accompagnata da un’attenta verifica sulla effettiva valenza del sistema, produce esclusivamente uno spostamento del problema senza soluzione. Il Sitri così com’è risulta solo inutilmente complicato e molto costoso; l’ultimo click day ha evidenziato di fatto questo. Lo spostamento del problema nel tempo, ignorando completamente i suggerimenti delle Associazioni di categoria interessate e le necessarie modifiche, complicano ulteriormente la vita alle nostre imprese e non risolvono, tra l’altro, il problema dell’ecomafia.
Se il SISTRI non funziona, quali alternative possono essere messe in campo? L’associazione degli Autotrasportatori ha delle strategie alternative da proporre?
Più che strategie alternative parlerei delle nostre proposte in proposito che sono le proposte condivise dalla nostra Confederazione. Chiediamo di unificare le diverse date di entrata in vigore del Sistri; annullare l’obbligo del pagamento del contributo 2011; modifica della scheda Sistri, in modo che possa essere gestita come un’attuale formulario d’identificazione (FIR) dei rifiuti, tecnicamente aggiornato e da inserire informaticamente nel nostro Sistri. Il nuovo sistema dovrebbe, per verificarne la fattibilità e la completa efficienza,svolgersi per tutto il 2012 a titolo ancora sperimentale; realizzare una piena concorrenza tra tutte le imprese di trasporto. Tal fine è necessario estendere alle imprese estere, prima della partenza del Sistri, l’obbligo con adeguamento nell’utilizzo dei sistemi e dei dispositivi da esso previsti (sperando che funzionino). In riferimento poi ai versamenti già inutilmente effettuati, ritengo sia necessario compensare le somme versate con l’effettiva partenza del Sistri tanto da imputare gli importi alle prossime scadenze.
Ad ECOMOMONDO, il tema dell’autotrasporto si coniuga, ovviamente, con quelli della mobilità sostenibile e del trasporto di rifiuti. Qual è il pensiero di Fiap su queste problematiche?
Premesso che la nostra Federazione da sempre sostiene l’esigenza di andare verso un riequilibrio modale nel trasporto di cose, coniugare il concetto di mobilità sostenibile con la raccolta e trasporto di rifiuti è impresa piuttosto ardua. Basti a questo proposito riflettere su cosa significhi, ad esempio, fare o non fare la raccolta differenziata ai fini proprio del trasporto. Ora tutti convengono sul fatto che la raccolta differenziata è una grande opportunità anche ai fini della salvaguardia ambientale ma, allo stesso tempo nessuno (o pochi) evidenziano che questa modalità di raccolta comporta inevitabilmente un utilizzo maggiore di veicoli pesanti all’interno delle nostre città o dei nostri distretti industriali. Ipotizzare, poi, l’utilizzo di altre modalità di trasporto dei rifiuti (ad esempio il treno) è pura fantasia fatto salvo, forse, il trasporto in ambito internazionale. Il camion è e resterà insostituibile per svolgere questa attività e si dovrà tener conto anche di questo aspetto nel momento in cui si andranno a fare bilanci preventivi sui costi e sui benefici di politiche per la gestione dei rifiuti orientate in una direzione piuttosto che in un’altra.
A suo avviso, con la crisi conclamata in corso, l’autotrasporto convenzionale su gomma ha ancora un futuro?
L’autotrasporto convenzionale su gomma è, per alcune tipologie di attività, insostituibile a prescindere. Semmai la riflessione da fare è se possiamo ancora permetterci di trasportare circa il 90% delle merci su gomma come avviene nel nostro Paese oppure se non si debba cominciare a diversificare questa attività anche su altre modalità, a cominciare dalla ferrovia. Anche su questo tema però sarebbe bene evitare di dividerci in fazioni contrapposte di “tifosi”. Portare merci su ferrovia in un Paese come la Francia o la Germania è relativamente semplice (come pure è più semplice trasferire parte dei traffici sulle idrovie visto che, a differenza di noi, hanno fiumi navigabili) più complicato, invece, risulta farlo da noi per una serie di motivi oggettivi; ne richiamo due fra i più evidenti:
– la conformazione orografica del nostro Paese e la polverizzazione delle imprese di produzione che, nella stragrande maggioranza sono di dimensioni piccole o medio-piccole. La crisi attuale per alcuni versi potrebbe essere colta anche come opportunità per riportare ordine in un settore, l’autotrasporto, che nel corso degli ultimi dieci anni, grazie anche a liberalizzazioni un po’ improvvisate e in molti casi anche inopportune, ha registrato una crescita molto marcata sotto il profilo quantitativo e pressoché nulla su quello qualitativo. L’offerta di trasporto oggi è eccessiva e va ridimensionata e posta in rapporto alla capacità di produrre del Paese. Lasciare al mercato la regolazione di questo rapporto, come tanti vorrebbero, ci espone al rischio di crisi ricorrenti che, come tutti stiamo verificando, è sempre più difficile governare. Che ci sia un futuro per l’autotrasporto è un dato scontato, sulla qualità di questo futuro di scontato non c’è nulla ma molto può essere fatto da tutti gli attori che concorrono a determinarlo, a cominciare dalle imprese e dalle loro rappresentanze associative.
L’introduzione del diritto penale per alcuni reati ambientali tocca anche la vostra categoria? Com’è stata accolta la novità normativa di questa estate?
Il vecchio Codice penale prevedeva già alcuni reati in materia ambientale e le attuali novità sostengono e rafforzano un principio fondamentale indipendentemente dalle categorie interessate: il sano ambiente è un bene universale e tutti hanno l’obbligo civile e morale di salvaguardarlo. Le responsabilità penali sono personali per cui chi sbaglia deve pagare civilmente e penalmente.