QUANDO LA MORTE CORRE SU STRADA

L’OMS stima 1,2 milioni di decessi annui per incidenti stradali

Malgrado l’aggravarsi di fenomeni metereologici estremi, causa di inondazioni, smottamenti, frane; malgrado il rischio di pandemie globali esca dalle pagine della letteratura fantastica e dalle sceneggiature dei disaster movies per turbare sonni e coscienze di politici e capi di Stato; malgrado l’inquinamento e gli stili di vita poco virtuosi continuino ad essere causa di patologie estremamente lesive, sono comunque gli incidenti stradali ad avere il triste primato della causa di morte, nel mondo, per le persone di età compresa fra i 5 e i 29 anni. Imputati, ovviamente: moto e automezzi o, più precisamente, i conducenti e le condizioni dei supporti stradali.
A dirlo è l’Organizzazione Mondiale della Sanità, che nell’ultimo Rapporto dedicato, squaderna cifre apocalittiche: 1,2 milioni di decessi l’anno e oltre 50.000.000 di feriti.
A farne le spese, ovviamente, i cosiddetti “anelli deboli” della catena globale: giovani e giovanissimi (soprattutto) e per di più abitanti di Paesi in via di sviluppo (quest’ultimo dato è stimato nella cifra del 90%).
Se a livello locale, soprattutto nei Paesi del Nord del mondo (Europa e Stati Uniti d’America), l’allarme era già scattato da tempo e l’attenzione nei confronti di questa problematica aveva già prodotto normative e campagne di sensibilizzazione/informazione mirate alla riduzione del massacro, l’OMS registra con preoccupazione il ritardo e la disattenzione che perdurano proprio in quei Paesi dove si registrano i dati più allarmanti.
Dal punto di vista della veridicità statistica, poi, il Rapporto va salutato come evento eccezionale, infatti, per la prima volta si è realizzato un computo basato sui dati standardizzati del 2008 raccolti in 178 Paesi. L’OMS valuta con preoccupazione non solo il numero dei decessi direttamente imputabili agli incidenti stradali, ma anche il fatto che nel totale dei 50 milioni di feriti figurano persone che hanno riportato lesioni permanenti.
A questo punto è facilmente intuibile come il fenomeno degli incidenti stradali produca non solo danni sociali a breve termine, ma anche e soprattutto danni e costi che si riversano nel lungo periodo e a fronte dei quali spesso è la Sanità pubblica (quando c’è) a sostenerne gli oneri.
Ovviamente, strategie d’uscita dalla situazione non mancano, a sentire le parole che il Direttore del Dipartimento della Prevenzione della violenza e dei traumi, Etienne Krug che ha rilasciato alla stampa in occasione della presentazione del Rapporto: “Abbiamo un piano d’Azione – ha detto la Dott.ssa Krug – e sappiamo quello che deve essere fatto per lottare contro gli incidenti stradali”.
Il riferimento è alle tante campagne di comunicazione che vari Paesi hanno realizzato o sono in procinto di approntare in materia di prevenzione e formazione degli automobilisti. Tuttavia, negli uffici dell’OMS ci si chiede con preoccupazione quanti Governi, soprattutto quelli gravati da problemi sociali ed economici molto pressanti, avranno la forza di destinare risorse finanziarie per la riduzione degli incidenti stradali? In effetti, è stato calcolato che solo intervenendo efficacemente nei Paesi in via di sviluppo, ovverosia, applicando all’interno degli stessi, le medesime strategie messe in atto negli Stati Uniti d’America e nell’Europa unita, sarebbe possibile ridurre del 50%, corrispondente a 5.000.000 di vite umane (nel decennio a venire) il numero dei morti causati da incidenti. A questo punto, risulta evidente come l’impegno dei Paesi più sviluppati ed industrializzati deve essere sempre più indirizzato verso politiche di sostegno allo sviluppo degli altri Paesi, affinché non vengano vanificate, globalmente, quelle stesse politiche che nei Paesi del Nord del Mondo hanno permesso, nel tempo, il conseguimento dello sviluppo economico e di una aspettativa di vita molto più ampia. Ovviamente, riteniamo, che ciò debba valere non solo per quanto riguarda la riduzione degli incidenti stradali, oggetto principale di questa riflessione, ma anche, per tutti gli altri settori dell’economia e della società che determinano degli effetti sull’intero sistema Pianeta. Si consideri, infatti, quale sia l’incidenza sul livello di emissioni di gas climalteranti, dei Paesi in via di sviluppo ai quali mancano le possibilità di accesso a tecnologie più pulite e meno impattanti, pur nella invidiabile posizione di detenere materie prime e ricchezze geologiche e minerarie contese dalla minoranza dei Paesi più ricchi. È mai possibile, ci chiediamo, che debbano essere sempre i più poveri a pagare per tutti?

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