PNEUMATICI RICOSTRUITI: L’ALTERNATIVA ECONOMICA ED ECOLOGICA AL PNEUMATICO TRADIZIONALE

Tra i punti di forza: minor costo, sicurezza e indubbi vantaggi dal punto di vista ambientale. Eppure, il loro utilizzo in Italia ancora non decolla

“Rotondo per rotolare ed elastico per ammortizzare, il pneumatico è l’unico punto di contatto tra il veicolo ed il suolo” Dal primo Libro Bianco sui pneumatici ricostruiti (2000) Forma e funzione dei pneumatici sono a tutti ben noti. Meno nota è invece la loro struttura, risultato di un processo industriale molto complesso, che deve assembleare e vulcanizzare circa 200 materie prime diverse. La ricetta? Nel caso di un pneumatico radiale per autovettura: 48% di gomma naturale e sintetica; 23% di nero fumo; 18% di acciaio; 3% di fibra tessile; 8% di prodotti chimici diversi. Considerando poi che: servono tra i 20 e i 28 litri di greggio per produrne uno; ci vogliono 100 anni perché, una volta immesso nell’ambiente, si disintegri completamente; ogni anno in Italia vengono prodotte 430.000 tonnellate di pneumatici di scarto; secondo l’Agenzia di Protezione Ambientale degli Stati Uniti, per ogni americano, ogni anno, ce n’è uno di rifiuto; si fa presto a trarre la conclusione. Per non rischiare di essere sommersi da montagne di pneumatici bisogna riciclare.

Il pneumatico ricostruito diventa, così, l’alternativa economica ed ecologica al pneumatico nuovo. Attraverso la ricostruzione si preserva complessivamente l’80% del pneumatico; in confronto alla produzione di un pneumatico nuovo si risparmia il 70% di energia; l’ammontare di greggio utilizzato nel caso di penuamtici riscostruiti scende da 28 (nel caso di quelli nuovi) a 5,5 litri. Ogni anno, l’Italia che sceglie il pneumatico ricostruito risparmia circa 155 milioni di litri di petrolio e 44.712 tonnellate di altre materie prime strategiche come gomma naturale e sintetica, nero fumo, fibre tessili, acciaio e rame, per un totale di 44.218 tonnellate di pneumatici in meno. In soldoni, il risparmio, nel 2008, è stato pari a 276 milioni di euro. A comunicare i dati “virtuosi” del risparmio conseguito lo scorso anno, grazie ai pneumatici ricostruiti, è AIRP (Associ- azione Italiana Ricostruttori di Pneumatici) che abbozza un primo bilancio economico, oltre che ecologico della ricostruzione nel corso del 2008. Se i pneumatici ricostruiti fanno infatti bene alle tasche degli utilizzatori finali, perché costano meno, fanno ancor più bene all’ambiente. La sostituzione di pneumatici comporta, a livello europeo, la produzione di 140 milioni di ruote all’anno. A queste si aggiungono altri 40 milioni di ruote, ascrivibili alla rottamazione. A frenare la valanga di ruote, da cui rischiamo di essere sommersi è la possibilità del loro riciclaggio. Il pneumatico ricostruito riduce, infatti, la produzione di rifiuti e rallenta il loro flusso di smaltimento. A conferma della loro natura “ambientalista”, il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare ha eliminato i pneumatici usati destinati alla ricostruzione dall’elenco dei rifiuti. Eppure, nonostante gli indubbi vantaggi, economici, oltre che ambientali, non sono così diffusi come dovrebbero. E l’Italia nell’utilizzo dei rigenerati è fanalino di coda dell’Europa: solo il 57% delle nostre flotte li utilizza come gomme di ricambio. In Francia, invece, ad utilizzare pneumatici di ricambio rigenerati è l’89% delle flotte, in Svezia l’87%, mentre in Germania, l’83%. E la loro diffusione oltreoceano sale più che in Europa, dove vengono utilizzati dal 37,4% dei veicoli per trasporto pesante. Negli Stati Uniti la percentuale, invece, supera addirittura il 50%. Qui, inoltre, ad usare i pneumatici rigenerati non sono solo i mezzi pesanti, ma anche taxi, aerei, bus scolastici, mezzi militari e municipali, veicoli d’emergenza ed agricoli. A garantire la loro sicurezza e affidabilità è l’omologazione, obbligatoria dal 2006, secondo i regolamenti ECE ONU 108 e 109, l’imposizione di standard tecnici elevati e controlli analoghi a quelli previsti sui pneumatici nuovi. Sicuri, tanto da poter essere utilizzati anche sugli aerei, i rigenerati sono però poco utilizzati in Italia. E questo, nonostante l’obbligo per le Pubbliche Amministrazioni e per i gestori di pubblici servizi di riservare ai ricostruiti il 20% degli acquisti di pneumatici di ricambio. E pensare che in Italia aumentano gli autobus e i loro utenti. A fotografare la crescita del parco circolante dei mezzi pubblici è uno studio dell’Osservatorio AIRP sulla mobilità sostenibile, che rileva come dal 2004 al 2008 gli autobus circolanti in Italia siano aumentati del 4,1% ( dai 9.2578 mezzi del 2004 ai 9.6342 del 2008) e come nello stesso arco di tempo sia cresciuto anche il loro utilizzo da parte degli utenti: aumentano infatti del 10% gli spostamenti con i mezzi pubblici. Insomma, le potenzialità per una maggiore diffusione dei pneumatici ricostruiti ci sono, ma il loro utilizzo non è ancora decollato.


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