L’ENERGIA SOSTENIBILE E L’ITALIA
I Rapporti di GSE ed ENEA, tracciano i contorni di un’immagine del Paese sospeso tra slanci e frenate
Quello dell’energia è un problema complesso, che ha ricadute pesanti non solo sull’ambiente, la salute, la sicurezza dei cittadini, ma anche, purtroppo, sulle potenzialità di sviluppo di un Paese e sulla produttività delle sue imprese. L’Italia, storicamente povera di risorse primarie, non fa eccezione, neanche sotto questo punto di vista, avendo, per scelta, basato il proprio fabbisogno energetico su fonti fossili di provenienza estera e accettando, suo malgrado, la fluttuazione dei mercati per quanto concerne il prezzo del greggio. I cospicui investimenti fatti negli anni ’70 (anche allora si parlava di crisi del petrolio), per implementare la capacità produttiva attraverso turbine idroelettriche non sono stati sufficienti a calmare la “sete di energia” imposta dallo sviluppo industriale e, a tutt’oggi, dipendiamo da Paesi terzi per soddisfare il nostro fabbisogno energetico (gas e petrolio dai Paesi dell’Est Europeo e dal Nord Europa; energia elettrica acquistata e prodotta da centrali nucleari francesi e svizzere). Con la sottoscrizione del Protocollo di Kyoto, anche l’Italia si è impegnata a ridurre considerevolmente le sue emissioni di gas serra, ma, fino a qualche anno fa, (guarda caso, il prezzo del petrolio era ancora stabile), non ci si è preoccupati molto di puntare su fonti energetiche alternative, limitando il discorso a vacui ragionamenti teorici buoni per riempire convegni e aggiornare in chiave “eco” le dichiarazioni degli amministratori locali e nazionali.
Tuttavia le continue pressioni internazionali nel merito delle non più rimandabili strategie per la mitigazione del surriscaldamento globale e, la generale attenzione posta dai media alle questioni energetiche (senza contare gli aumenti dei costi dell’energia), hanno innescato quella “miccia” verso un ipotetico miglioramento energetico anche nel nostro Paese. A riprova di ciò, fanno fede i continui investimenti privati per quanto concerne: – l’acquisto di tecnologie per il solare termico e fotovoltatico (vieppiù stimolato dagli incentivi in conto energia); – la ristrutturazione degli edifici in chiave di efficienza energetica; – l’attenzione di alcuni Comuni alla solarizzazione dei tetti e alla costituzione di Parchi eolici nel proprio territorio; – la conversione degli impianti di riscaldamento dal gasolio al più efficiente metano. Anche il mondo dell’impresa si sta attrezzando alla rivoluzione energetica “verde”, tuttavia, se qualcosa si sta muovendo, è pur vero che ogni singola lodevole iniziativa riesce ad essere poco incisiva nella risoluzione del problema generale. Oltretutto, l’esigenza di dare risposte concrete nel breve periodo, spinge tanti amministratori pubblici, preoccupati forse più delle tasche – e degli umori – dei loro elettori, che dei possibili danni futuri ed all’ipoteca posta sulla salute degli stessi e dell’ambiente, ad accelerare sul pedale di tecnologie ambigue (incenerimento e termovalorizzazione dei rifiuti), o addirittura cassate dall’opinione pubblica, quand’anche sulla scia di sentimenti esacerbati da disastri ed incidenti (nucleare). Dove prendere, dunque, l’energia per mantenere ed eventualmente sviluppare l’attuale fabbisogno del Paese? Qual è lo stato dell’arte della produzione energetica in Italia? Quali strategie si intende adottare per conseguire un approvvigionamento costante ed in linea con i dettami dello sviluppo sostenibile? A queste domande tenteremo una risposta presentando due Rapporti usciti a breve distanza l’uno dall’altro, Rapporti che da punti di vista differenti, permettono una panoramica a 360° sulla questione energetica, presentando, infine una possibile soluzione al problema e tante domande… Secondo il Gestore Servizi Elettrici (GSE) che ha presentato il proprio Rapporto 2007 il 24 luglio, a Roma, in Italia prosegue con un certo successo la crescita di nuovi impianti a fonti rinnovabili. Il Rapporto esamina le attività del GSE nel corso dell’anno in esame, con particolare riferimento ai meccanismi di incentivazione della produzione da fonti rinnovabili e della co-generazione ad alto rendimento, soffermandosi, infine, sui risultati conseguiti nel primo semestre 2008 e l’avvio delle nuove attività. Leggendo il documento si scopre che, a fine 2007, erano in esercizio 1.335 impianti incentivati con i “Certificati Verdi” e ben 4.841 impianti fotovoltaici incentivati con il cosiddetto “conto energia”. Il tutto, ben si inserisce nel quadro delle politiche comunitarie in materia di sostenibilità energetica, che si sono concretizzate nell’approvazione nella primavera 2007 del Consiglio dei Ministri UE del pacchetto integrativo di azioni per il raggiungimento dei tre obiettivi strategici da qui al 2020: -20% delle emissioni di gas serra rispetto al 1990; +20% della quota di energie rinnovabili a copertura del consumo interno lordo di energia; -20% dei consumi finali di energia rispetto ai livelli tenden-ziali previsti al 2020. Orbene, andando a verificare cosa accade in Italia, lo studio del GSE evidenzia che “pur a fronte di un aumento della potenza efficiente lorda degli impianti rinnovabili nell’ultimo decennio, da circa 17.000 MW nel 1997, ad oltre 21.000 MW nel 2006, la quota di produzione elettrica italiana da fonti rinnovabili sul totale della produzione nazionale si è mantenuta intorno al 20%, causa l’aumento dei consumi, e la riduzione, negli anni, della produzione idroelettrica, dovuta sia a ragioni ideologiche che a disposizioni legislative emanate per garantire il minimo deflusso vitale negli alvei”. Tuttavia, a compensare la diminuzione dell’elettricità pro- dotta dell’energia cinetica dei corsi d’acqua, negli anni sono aumentati gli apporti positivi delle “nuove fonti finnovabili” (biomasse, eolico e solare). Il Rapporto, dopo aver comparato processi e azioni di sostegno nazionali per il raggiungimento degli obiettivi comunitari in materia di politica energetica, si sofferma sulle novità normative introdotte dalla Legge Finanziaria 2008 che ha revisionato il meccanismo dei “Certificati Verdi” e l’intrduzione di un dispositivo di incentivazione per gli impianti di piccola potenza -alternativo ai “Certificati Verdi” – basato sulla erogazione di una tariffa fissa.Sul fronte dei dati, il Rapporto dichiara che: “a fi ne 2007 la potenza complessiva degli impianti incentivati dal meccanismo introdotto dal CIP 6, hanno prodotto energia pari a 7.641 MW, per un totale di 374 convenzioni”.Viceversa: “l’energia ceduta al GSE nel 2007 ha raggiunto i 46,6 TWh, di cui 38,3 TWh (che rappresentano l’82% del totale) da fonti assimilate e l’8,2 TWh (18%) da fonti rinnovabili.” Confronto tra la produzione lorda totale e la produzio-ne lorda rinnovabile in Italia dal 1994 al 2007 (GWh) Sul fronte dei costi, il Rapporto parla chiaro: “il prezzo medio complessivo di acquisto è stato pari a 112,3 €/MWh, differenziato in 97,7 €/MWh per le fonti assimilate e 179,9 €/MWh per quelle rinnovabili, quest’ultime destinatarie di un livello di incentivazione più elevato”. “L’energia ritirata dal GSE è stata ceduta al mercato con le modalità stabilite dal Ministero dello Sviluppo Economico, ossia: offerta dalla produzione sul mercato organizzato dell’energia elettrica e sottoscrizione di Contratti Finanziari per Differenza (CFD) con l’Acquirente Unico (35%) e clienti del mercato libero (65%)”. “L’onere complessivo dell’energia CIP 6, coperto tramite la componente A3 della tariffa, è risultato, nel 2007, di 2.400 milioni di €, pari alla differenza tra il prezzo di acquisto (5.235 milioni di €) ed i ricavi per la vendita dell’energia e la regolarizzazione dei CFD (2.835 milioni di €). Tale onere si ridurrà gradualmente nei prossimi anni fi no ad annullarsi nel 2020,allo scadere di tutte le convenzioni”.Sul fronte della produzione elettrica tramite vettore solare, il Rapporto evidenzia i positivi risultati raggiunti dal sistema di incentivazione dell’energia fotovoltaica, introdotto nel 2005 con Decreto attuativo del Ministro competente (allora si prevedeva l’erogazione ventennale di un incentivo all’energia prodotta da impianti fotovoltaici collegati alla rete elettrica nazionale) ed aggiornato nel febbraio 2007 con alcune integrazioni.Orbene, se con il precedente “Conto Energia”, a fi ne 2007 risultavano in esercizio 4.003 impianti per complessivi 49 MW di potenza che hanno prodotto oltre 10 milioni di KWh e per i quali è stato corrisposto un incentivo di 25,5 milioni di €, con il nuovo “Conto Energia”, alla fi ne del 2007 erano in esercizio 838 impianti per una potenza complessiva di 3,8 MW (energia corrispondente prodotta: 1,3 milioni di kWh con un incentivo di 500.000 €).Esiti positivi, sempre secondo il Rapporto GSE 2007 per quanto riguarda l’attività di qualifica degli impianti da fonte rinnovabile, necessaria per poter richiedere l’emissione dei “Certificati Verdi”: essa è andata sensibilmente crescendo.”Il numero degli impianti qualificati – recita il Rapporto – è passato dai 1.460 del 1° gennaio 2007, ai 2.296 del 31 dicembre 2007, di cui 1.335 in esercizio e 961 a progetto”.”Gli impianti qualificati in esercizio sono, in larga parte, idroelettrici (60%), mentre gli impianti qualificati a progetto sono soprattutto eolici (37%)”.”La tipologia di intervento più diffusa è quella della nuova costruzione di impianto (64% di quelli in esercizio e 80% di quelli a progetto)”.”Il quantitativo d’obbligo di produzione da fonte rinnova-bile, da immettere per l’anno 2007, è stato determinato dal GSE in 5,8 miliardi di KWh corrispondenti al 3,05% di 190 miliardi di kWh”.A fronte di tale domanda i “Certificati Verdi” emessi nell’anno 2006, (taglia unitaria pari a 50MWh), hanno fatto riferimento a circa 6 miliardi di kWh derivanti sostanzialmente da:• idroelettrico (per il 35%);• eolico (per il 37%);• geotermico (per il 14%). Proseguendo nella lettura del Rapporto si fa menzione delle misure finalizzate alla promozione della Cogenerazione ad Alto Rendimento (CAR), introdotta dal D. Lg. N. 20/2007, il quale indica nel GSE il soggetto attuatore delle misure introdotte per promuovere la CAR sul territorio nazionale e gli attribuisce le competenze in materia di rilascio della Garanzia di Origine all’elettricità prodotta da impianti CAR.”Gli impianti che nell’anno 2007 hanno ottenuto il riconoscimento di cogenerazione ad alto rendimento dal GSE, per la produzione 2006, rappresentano una potenza installata di circa 8.600 MW elettrici, pari al 9,3% del totale parco di generazione italiano ed al 12,5% del solo parco termoelettrico”.”Nel corso del 2006 gli impianti di cogenerazione hanno prodotto circa 46 miliardi di kWh elettrici e 39 miliardi di kWh termici, consumando combustibile per complessivi 11,2 Mtep, pari a 130 miliardi di kWh”.A conti fatti, l’energia prodotta attraverso processi di cogenerazione è stata pari al 16% dell’intera produzione nazionale ed al 20% della produzione termoelettrica, e il ricorso alla cogenerazione ha fatto conseguire, nel 2006, un risparmio del 28% rispetto all’energia che si sarebbe consumata producendo separatamente energia elettrica e calore (dati Eurostat), ottenendo un risparmio complessivo di circa 4,5 milioni di tonnellate di petrolio equivalenti. Infine, se si guardano i dati del primo semestre 2008, si vede che a fine giugno, il numero degli impianti fotovoltaici in esercizio ha raggiunto la bella cifra di 12.400 unità, con incrementi mensili di oltre 1.000 impianti, mentre la potenza installata è pari a oltre 130 MW, con incrementi mensili superiori ai 10 MW. E la cifra è destinata ad aumentare visto l’ingresso di nuovi impianti di maggiori dimensioni che dovrebbero essere operativi a breve. Inoltre, con Decreto Ministeriale dell’11 aprile 2008, il GSE è divenuto anche soggetto attuatore del meccanismo di in-centivazione del solare termodinamico, meccanismo basato sulla erogazione di una tariffa incentivante per la produzione realizzata da tali impianti. Anche sul fronte dell’implementazione dell’eolico le previsioni del GSE fanno ben sperare: a fronte di una potenza installata di circa 1.800 MW (130 parchi), si annuncia l’im-missione di 20 impianti eolici in regime CIP 6 ed ulteriori 15 in regime di ritiro dedicato, ossia con una potenza nominale superiore a 10 MVA. Dunque sembrerebbe che l’Italia si sia messa sulla buona strada, ma, attenzione, una doccia fredda arriva dall’ENEA (Ente Nazionale per le nuove tecnologie, Energia e Ambien-te), che, nel suo Rapporto Energia e Ambiente 2007 (presentato a Roma il 31 luglio) riporta l’attenzione ad un presente ancora denso di ombre. Se, infatti – afferma il Rapporto – “la risposta dell’Unione Europea alle sfide in materia di energia e ambiente appare oggi orientata a cogliere le opportunità derivanti dall’investimento in nuove tecnologie… è necessario rispondere non solo con l’efficienza energetica e con la promozione delle tecnologie ad emissioni zero, ma, soprattutto, con l’accelerazione del cambiamento tecnologico”. Purtroppo questo cozza inevitabilmente con una situazione tutta italiana di investimenti inadeguati (soprattutto in confronto a quelli messi in campo dagli altri Paesi europei), soprattutto da parte del settore Pubblico. “Si registra infatti – dice il Rapporto – una contrazione nella spesa pubblica nel settore della Ricerca & Sviluppo energetico, fattore rilevante, oltre che per la sua valenza specifica, anche per il valore di indicatore di riferimento dell’orientamento strategico della politica energetica, ambientale ed industriale”. Si può facilmente intuire come la dimensione e la qualità dell’investimento in R&S siano le condizioni essenziali per- ché la tecnologia avanzi e l’innovazione si affermi portando benefici non solo alle imprese, ma alla collettività tutta. Ebbene, afferma l’ENEA: “l’industria nazionale e il sistema pubblico e privato della ricerca sono chiamati in quest’ottica ad un importante impegno, che, alla tante volte affermata, ma spesso generica, volontà di investire nella ricerca, sostituisca investimenti concreti in questo settore per il quale le indicazioni europee sono chiare e pressanti”. Investire in R&S in campo energetico, quindi, è per l’ENEA la mossa giusta per incentivare, a costi contenuti, le fonti energetiche rinnovabili e raggiungere, contemporaneamente, il possesso di tecnologie e sistemi produttivi in grado di aumentare la competitività. “Chi non avrà investito in R&S e nelle nuove tecnologie – ammonisce il Rapporto dell’ENEA – si troverà, con ogni probabilità, ad incentivare, pagandone i relativi costi, come già succede oggi, l’energia da fonti rinnovabili e allo stesso tempo ad importare la relativa tecnologia dai Paesi leader, nonché a pagare il conto, piuttosto salato, del mancato rispetto degli impegni assunti a livello internazionale per la riduzione della CO2”.A questo punto, tenendo conto dell’evoluzione del prezzo del petrolio e dell’evoluzione del costo delle diverse tecnologie energetiche, la crescita della domanda energetica e le relative proiezioni demografiche, l’Ente Nazionale per le nuove tecnologie, Energia e Ambiente presenta i seguenti scenari di sviluppo del settore energetico nel medio (2020) e lungo (2040) periodo.• Pur adottando la scelta dell’Agenzia Internazionale dell’Energia di attribuire rilievo all’impiego del carbone a ragione sia della dimensione delle riserve accertate che per la loro accessibilità in molte parti del mondo, i tempi necessari per la disponibilità della tecnologia “zero emission” consentono di prefigurarne la relativa produzione di energia solo a partire dal 2025, con una quota sul totale che arriva al 9% nel 2040.• Il nucleare contribuisce senz’altro a modifi care il mix energetico e dunque a rispondere al tema dell’approvvigionamento. Peraltro, pur partendo dalle indicazioni del Governo rispetto a tempi ed impegno sul nucleare e proiettando in avanti lo stesso impegno, la quota del nucleare con tecnologia di terza generazione (considerato che l’operatività della quarta è attesa non prima di 25-35 anni) arriva a contribuire alla riduzione complessiva delle emissioni per il 6% nel 2020 e il 10% nel 2040. • Risulta confermata l’importanza decisiva dell’investimento nelle tecnologie per l’efficienza energetica e, in particolare, in quelle per l’efficienza negli usi finali dell’energia, perché da tale investimento dipende, secondo la simulazione, il 45% della riduzione delle emissioni. Gli effetti sono assai differenziati per i diversi settori. Il residenziale e i servizi hanno i migliori risultati (14 e 11%, rispettivamente) seguiti dall’industria al 9%. È importante rilevare che, secondo la simulazione, gli investimenti in tecnologie per l’efficienza negli usi finali dell’energia determinano già nel 2020 una riduzione nella bolletta energetica dell’ordine di 5 miliardi di euro per anno.• Il settore dei trasporti incide in modo signifi cativo sui consumi energetici (30% circa) e sulle relative emissioni di gas serra e risponde assai poco (6%) agli interventi tecnologici per ridurre consumi ed emissioni sui motori a combustione esistenti. D’altra parte, secondo le indicazioni che provengono dalla Commissione Europea, l’introduzione di motori alimentati a celle a combustibile e idrogeno non sembrano produrre effetti significativi prima del 2030. C’è da chiedersi quale potrebbe essere il contributo di una massiccia introduzione di auto “ibride” o addirittura elettriche, per una traiettoria virtuosa del sistema dei trasporti che rimane oggi un problema centrale per qualsiasi paese. Si tratta di consumi di petrolio che risultano sostanzialmente incomprimibili e in crescita costante nonché, per il nostro Paese, ragione importante di dipendenza dall’estero.• Solare, biomasse, biocombustibili e le altre rinnovabili raggiungono nelle simulazioni gli obiettivi assegnati dall’Europa. Gli investimenti sul solare fotovoltaico e termodinamico, già ingenti al 2020 (circa 15 miliardi di euro), superano i 20 miliardi di euro in ognuno dei due decenni successivi. • Gli scenari di accelerazione tecnologica consentono di spostare la traiettoria del sistema energetico italiano verso una riduzione delle emissioni che si avvicina all’obiettivo del 50% di riduzione al 2050 (scenari ACT+ e BLUE). “È importante notare – cita il Rapporto dell’ENEA – che in nessuno degli scenari di accelerazione la riduzione dei consumi di energia primaria raggiunge l’obiettivo del 20% che, peraltro, anche se auspicato dalla Commissione Europea, non è al momento vincolante”. Dunque il futuro energetico del nostro Paese sembra essere piuttosto incerto, a meno di non adottare strategie integrate che assommino gli apporti di un mix tecnologico in cui il nucleare ha un peso determinante. Tuttavia sappiamo come questa tecnologia abbisogna di investimenti cospicui e ancora più cospicui approvvigiona- menti di combustibile (uranio) che, nella fattispecie, oltre a generare rifiuti molto pericolosi per i quali non si è in grado (almeno in Italia) di trovare una allocazione, comporta una ulteriore ed antieconomica dipendenza dai Paesi fornitori. I tempi di realizzazione delle centrali di nuova generazione sono piuttosto lunghi (considerata l’urgenza di produrre da subito nuova energia “pulita”) e, cosa da non sottovalutare, c’è infine il problema dell’approvigionamento idrico necessario a far raffreddare i reattori (in un Paese dove il rischio desertificazione è dietro l’angolo). E poi si potrebbe obiettare che se l’Ente Nazionale per le nuove Tecnologie e l’Ambiente sostiene l’ipotesi del ritorno del nucleare, allo stesso tempo, il Governo, che a parole dichiara di perseguire la strategia della diversificazione del- le fonti energetiche, inciampa sulla questione “risparmio energetico”. Infatti è stato presentato un emendamento al D. L 112/08 “Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria”, in cui vengono abrogati alcuni commi del D. Lgs 192/05 di recepimento della Direttiva Comunitaria 2002/91/CE relativa al rendimento energetico degli edifici. Così, mentre tutta l’Europa assetata di energia chiede, ed ottiene, la certificazione energetica degli edifici di nuova fabbricazione, l’Italia la cassa e si balocca con l’ipotesi del nucleare di terza generazione. Famiglie ed industrie dovranno quindi “tirare la cinghia” e prepararsi ad una nuova austerity? Forse è un po’ presto per dirlo. Sicuramente il settore pubblico e quello privato dovranno attrezzarsi per produrre e cogliere le opportunità di investire nell’efficienza energetica e nella capacità di autogenerare e mettere in rete l’energia prodotta attraverso sistemi che sono già disponibili (ad un costo un po’ elevato, vero, ma un investimento reale per la collettività, che andrebbe premiato e riconosciuto). Certamente stupisce il fatto che se: “Chisto è ‘o paese d’o sole”, proprio dal sole non riusciamo ancora ad ottenere il massimo dei benefici.