AUTOMOBILE E STILE DI VITA
Uso ed abuso delle quattro ruote, nel Rapporto ACI- Censis 2008
Il rapporto degli italiani con le quattro ruote, sin dall’inizio, è sempre stato og- getto di attenzione da parte dei media e dalle avanguardie artistiche; vuoi per la naturale propensione del Paese alle suggestioni delle novità, vuoi per la stessa propensione a “vivere” il mezzo- auto, come un prolungamento della “proprietà” e della propria persona, da cui derivano, spesso, comportamenti al limite del lecito o che nel migliore dei casi sfiorano il ridicolo, divenendo fenomeno di costume e come tale stig- matizzato negli spot, nella produzione cinematografica e televisiva, financo nella musica leggera.
Dalla fascinazione quasi sessuale dei poeti futuristi, motori rombanti e cromature seducenti hanno accompagnato la mitopoiesi dei personaggi della commedia all’italiana; dal latin lover spregiudicato de Il sorpasso di Dino Risi (1962), alla “sciura” benestante, fino a quella “maschera” meschina e riuscitissima rappresentata da Fantozzi e dalla sua bianchina, simbolo di un ideale vagheggiato e mai raggiunto di conquista umana e sociale. Così, dagli anni ruggenti della mitica Isotta Fraschini, tutta trine e morbidi cuscini, simbolo di un’aristocrazia mai doma di fronte agli insulti del progresso, alla semplicità popolare della 500 negli anni del boom economico, l’automobile si è sempre più legata all’immagine del Paese che muta pelle ad ogni stagione, rinnova il maquillage, illudendosi che basta una ritoccatina al fondotinta per rimanere in pista nella corsa verso il rinnovamento tecnologico.
Oggi, lo spettro di una nuova crisi economica determinata dallo sconsiderato aumento del prezzo del petrolio (e anche in questo caso una lavata ai “panni sporchi” in casa non guasterebbe) fa rimpiangere i “bei tempi” in cui leasing esaltanti e yuppismo rampante facevano rimpinguare le tasche delle Case produttrici e la sfida fra queste si giocava al rilancio di prestazioni e velocità.
Le nuove parole d’ordine, imposte da un rinnovato (e un po’ “peloso”) senso ecologista, impongono: da un lato, imperativi quali economicità, basse emissioni, motori ibridi; dall’altro, sicurezza, nuova gestione della mobilità, rapporto equo fra possibilità di circolazione e comodità di parcheggio.
Come reagiscono gli italiani al mutare repentino di uno status quo, che per troppo tempo si è dato per scontato? Quali abitudini e quali comportamenti stanno mutando in questa stagione? C’è ancora un futuro per il mercato delle auto, e quanto di questo è veramente sostenibile?
A queste domande, ha tentato di dare risposta lo studio: Rapporto Automobile 2008 “L’auto libertà responsabile” a cura di ACI – Censis, presentato a fine giugno a Roma.
Il Rapporto, che prende in esame i se- guenti aspetti:
• Stili di vita; • Caro carburanti; • Crisi mobilità; • Sicurezza e comunicazione
tenta una fotografia del Paese dal punto di vista dell’effettivo utilizzo delle automobili, analizzando, nel contempo cause ed effetti di un mercato in fase di stallo, se non di vera e propria recessione (ndr. per questo argomento specifico si veda l’articolo alle pagg. 12-13 di questo Notiziario).
Ma vediamo, nel dettaglio, i punti salienti del Rapporto, lasciando al Lettore, la libertà di trarre le proprie considerazioni.
Stili di vita: sono le donne le più virtuose. “Donna al volante, pericolo costante” recita il vecchio adagio che sa di muffa e sessismo strisciante; la verità è che la parte femminile della società ha, con le quattro ruote, un rapporto caratterizzato da “maggior freddezza decisionale, più disponibilità alla intermodalità, minore aggressività alla guida e, di conseguenza, anche minore incidentalità e meno punti-patente persi”.
Mentre l’uomo, infatti, persiste in un approccio più istintivo ed ha un legame più forte con il prodotto, la donna ha un orientamento più freddo e razionale. In questo senso le statistiche e l’analisi dei dati parlano chiaro: mentre le caratteristiche dell’auto ideale ricevono un consenso bipartisan per i seguenti requisiti: affidabilità (45,3%), sicurezza (37,3%), economicità (32,4%); le differenze sessuali determinano un peso notevole quando si parla di: potenza (16,6% degli uomini contro il 3,6% delle donne), velocità/estetica (14,10% rispetto all’8,8%), tecnologia (11,4% rispetto al 4,6%).
Insomma, a ben guardare mentre lui vorrebbe l’auto potente e performante, lei la vuole parcheggiabile, maneggevole, economica e capace di rendere più semplice e confortevole lo spostamento quotidiano. Non solo, anche le dimensioni del mezzo hanno il loro peso, infatti mentre le donne sono più interessate all’acquisto di una utilitaria di medie dimensioni (56,6% rispetto al 37,3% degli uomini) e di una city car (15,5% contro l’8,1%); i maschi propendono maggiormente per l’acquisto di berline (12,6%) e station wagon (7%). L’attenzione alla mobilità sostenibile espressa dall’utilizzo di mezzi pubblici è più forte nelle signore (3 su 10 contro i 2 su 10), mentre il ricorso al vecchio “cavallo di S. Francesco” è superiore di un solo punto rispetto alle scelte dei signori (4 su 10 contro i 3 su 10).
Dal punto di vista dell’incidentalità, ancora una volta sono le signore le più virtuose, infatti il 70% degli incidenti gravi in ambito urbano vede un uomo al volante e malgrado ciò gli uomini nel 51% dei casi non rinuncerebbe alluso dell’automezzo privato per risolvere i problemi di spostamento all’interno del tessuto cittadino. Per contro, le donne, pur ponendo richieste precise in termini di condizioni e standard, non risultano sfavorevoli all’ipotesi di scambio automezzi pubblici e dimostrano una disponibilità allo stesso pari al 64%.
La situazione si ribalta in maniera piut- tosto evidente quando si prendono in considerazione elementi come la cura, la manutenzioneeilcheckupdipartimeccaniche ed elettriche: in questo sono gli uomini i più attenti; vuoi per una tradizionale abitudine ad occuparsi dell’auto, vuoi per una “migliore” condizione socio professionale del genere maschile.
Caro carburanti: l’auto bene “per pochi”. Lo studio prende in considerazione un ipotetico (ma neanche tanto, visto il trend degli ultimi mesi) aumento della benzina a 2,50 E/litro.
Di fronte a questa paventata ipotesi il bene-auto torna ad essere un discrimine sociale, in quanto al variare della condizione professionale e dell’incertezza lavorativa, aumenta la propensione a rinunciare alle quattro ruote, limitandone l’uso allo stretto necessario o, nei casi più gravi, sostituendola del tutto a favore di mezzi pubblici.
La Tabella che segue illustra con molta cura le risposte allo scenario che si andrebbe a creare e, allo stesso tempo, fa emergere la possibilità di una nuova fenomenologia sociale cristallizzata in una sorta di mobilità classista.
Resta da vedere, nel peggiore dei casi, se il settore pubblico (automezzi, tram, metropolitane e treni) saranno in grado rapidamente di rispondere all’aumentare dell’offerta.
Crisi della mobilità: trasporto pubblico ancora insufficiente ed inefficace Secondo il Rapporto, nel periodo 2000-2007 il numero dei mezzi circolante è cresciuto del 14,5%, nel contempo, il consumo di mobilità è diminuito per le auto, mentre è rimasto sostanzialmente immutato per le due ruote. Tuttavia, alla crescita del parco circolante, non è corrisposta una analoga crescita delle infrastrutture stradali, al punto che, nel quinquennio 2000-2005 (ultimo dato disponibile), il circolante è cresciuto di quasi 11 punti percentuali contro uno sviluppo stradale e autostradale pari solo a 4 punti percentuali.
Il Rapporto evidenzia, quindi, un aumentare di domanda che corrisponde ad un aumento della congestione sia urbana che extraurbana con evidenti impatti su costi, sicurezza e ambiente. Non solo, dall’indagine emerge che il parco motori circolante è in buona parte inutilizzato, infatti nel 15% delle famiglie italiane il numero di auto/moto è superiore al numero dei patentati il che significa che giornalmente si verifica un sottoutilizzo del parco stesso che determina una “spesa a perdere” per le famiglie italiane, stimabile tra i 3,5 e i 4 miliardi annui.
Cosa potrebbe succedere, si chiede il Rapporto, e ci chiediamo anche noi, nel caso questa spesa dovesse aumentare per l’ulteriore mancato utilizzo delle auto determinato dall’aumento del prezzo dei carburanti? Tanto più che l’automobile resta il mezzo di trasporto preferito dagli italiani (90%), fatta salva una leggera crescita per quanto riguarda la scelta di andare a piedi o usufruire dei mezzi pubblici. Proprio su questi ultimi il Rapporto fa registrare l’insoddisfazione dell’utenza: nonostante i segnali di ripresa nella percezione della qualità della mobilità pubblica da parte dei cittadini, soprattutto nei centri urbani medio-grandi, con un livello medio di soddisfazione di autobus e tram più che sufficiente (6,07 contro il 5,88 del 2005 e il 6.04 del 2004) e lo scatto positivo della metropolitana il cui indice di soddisfazione prosegue il trend positivo attestandosia7,19(6,86nel2005e6,51 nel 2004), rimangono ancora elementi di criticità legati alla durata dello spostamento e all’affollamento degli spazi.
Non è un caso, quindi, che gli italiani continuino a preferire l’apparente libertà di movimento offerta dalle quattro e due ruote, mentre che la limitatezza dei servizi offerti dal trasporto pubblico (orari poco flessibili, assenza di collegamenti e/o coincidenze non buone, fermate distanti dai luoghi di lavoro), è fra le cause principali del disamoramento comune nei confronti dello stesso.
Se poi si va ad osservare il settore specifico degli spostamenti per turismo, anche in questo caso, sono le quattro/ due ruote ad avere la palma d’oro dei mezzi di trasporto preferiti, tanto per gli spostamenti interni al Paese, quanto per quelli dall’Italia all’estero.
Sicurezza stradale:
Citando i dati forniti dall’ISTAT, il Rapporto ricorda come, ogni giorno, in Italia si verificano, in media, 652 incidenti stradali che provocano la morte (sempre in media) di 16 persone e il ferimento, più o meno grave di altre 912 (ndr a questo proposito giova ricordare come l’argomento sia stato ampiamente trattato nel numero di Giugno del Notiziario). Malgrado, nel 2006 gli incidenti siano calati in ragione di un – 0,8% rispetto al 2005, resta il fatto che, alla collettività, la fenomenologia degli incidenti costa annualmente oltre 35 miliardi di Eu- ro (quasi 2,5-2,6 punti percentuali del Prodotto Interno Lordo).
Le cause più rilevanti sono da eviden- ziarsi maggiormente nei comportamenti scorretti degli automobilisti (guida in stato di ebbrezza o in stato di alterazione psico-fisica causata da: assunzione di droghe; eccesso di velocità; scarsa educazione stradale), mentre la cattiva manutenzione stradale e l’inefficienza dei veicoli vecchi incide rispettivamente del 9,4% e 5,9% del totale. Purtroppo si evidenzia, negli ultimi anni, un allarmante aumento degli incidenti causati dalla guida in stato di alterazione da sostanze psicotrope e, ne fanno fede i dati forniti dalla Relazione Annuale del Parlamento sul consumo di droghe, che mostrano l’aumento generale nella popolazione dei consumi di cannabis e cocaina, aumento che coinvolge soprattutto i più giovani, tentati dalla accessibilità del prezzo allo spaccio.
Sicurezza e Comunicazione (TV): il Servizio privato dedica al problema più spazio del pubblico In una società pervasa all’inverosimile di ogni tipo di informazione (spesso molto voluttuaria), stupisce molto che il tema della sicurezza stradale sia relegato nei palinsesti televisivi solo durante i mesi caratterizzati da fenomeni di esodi vacanziere, quando, presumibilmente, aumentano i disagi e il rischio di incidenti. Infatti, su un totale di 39 ore, 5’ e 15’’ dedicati dai telegiornali di 8 testate nazionali al tema dell’incidentalità e per riflesso a quel- lo della sicurezza stradale, circa il 53% si è concentrato nei mesi di luglio e agosto. Stupisce un po’ che il network che ha dedicato più ore alla tematica in oggetto è Mediaset (18 ore, 20’ e 19’’) contro la scarsa performance del Servizio pub- blico (15 ore, 1’ e 43’’).
Nel palmarés del TG, le prime tre po-sizioni sono occupate da: TG5 (8 ore e 55’), TG1 (oltre 6 ore) e TG2 (5 ore e 53’ circa).
Per concludere, l’automobile resta sem-pre e comunque il mezzo di trasporto preferito dall’italiano medio (90%), mercè un sistema della mobilità pubblica che non riesce a soddisfare pienamente le attese dell’utenza, peraltro sempre più vessata dall’aumentare dei costi di mantenimento del proprio automezzo, al quale non è capace di rinunciare. E il rischio, evidenziato dal Rapporto, è quello di andare nella direzione di una mobilità classista.
Intanto, nel mese di giugno si è assistito ad un vero e proprio tracollo delle vendite nel solco di un trend negativo che dura ormai dall’inizio del 2008. Forse è il caso di cominciare a parlare di “decrescita responsabile” e prepararci ad un futuro un po’ più morigerato.