MORIRE SULLE STRADE

La classifica degli incidenti stradali nel Rapporto ACI – Istat 2006

“Partire è un po’ morire”, recita il vecchio adagio, alludendo a quel sentimento di melanconia che coglie il viaggiatore allorquando, seppur momentaneamente, si allontana dagli affetti e dalle sicurezze del proprio microcosmo, per affrontare le incognite e le incertezze dell’ignoto.
Una romanticheria d’altri tempi, quando, effettivamente, viaggiare era un lusso di pochi, non privo di una certa componenti di rischio. D’altra parte, se le mutate condizioni economiche, dal dopoguerra in poi, hanno contribuito fortemente al cambiamento delle abitudini di mobilità delle popolazioni occidentali (e quelle della Penisola, non fanno certo eccezione), è pur vero che, malgrado viaggiare in sé (per vacanza, per diletto, per lavoro), sia diventato meno “avventuroso”, pur sempre una componente di rischio, c’è. Automezzi più potenti e performanti; desiderio di emulazione di comportamenti a torto ritenuti invidiabili; maggior propensione all’alcool e allo “sballo” (soprattutto da parte dei più giovani), ma anche, una diversa concezione del valore economico del tempo e del lavoro (unitamente ad un aumento esponenziale degli automezzi circolanti nel territorio), hanno determinato, negli ultimi vent’anni, un aumento preoccupante di incidenti sulle strade, al punto che, ogni lunedì mattina i notiziari che riferiscono le “ultime dal week end” sembrano bollettini di guerra. Né, peraltro, sembrano giovare molto, gli avvisi degli ultimi incidenti con esito mortale, che, ad ogni casello autostradale, ammoniscono gli automobilisti con funebri statistiche. Ma cerchiamo di analizzare meglio quanto avviene sulle nostre strade e, per lo scopo vediamo di presentare dei dati ufficiali, così come indicati nell’ultimo Rapporto ACI-Istat sugli incidenti stradali (dati riferiti al 2006). Secondo il Rapporto ogni giorno, in Italia, si verificano, in media, 652 in- cidenti stradali, che, sempre in media, provocano la morte di 16 persone e il ferimento di altre 912. Se si guarda all’anno 2006, emerge che sono stati rilevati ben 238.124 incidenti stradali che hanno causato il decesso di 5.699 persone, mentre altre 332.124 hanno subito lesioni di diversa gravità. Piuttosto inquietante per un Paese piccolo come l’Italia; tuttavia, rispetto all’anno precedente (2005), si registra una lieve diminuzione del numero degli incidenti (- 0,8%), dei decessi (- 2,6%), e dei feriti (- 0,6%).

Se si guarda al periodo 2000 – 2006, l’analisi di incidentalità nel lungo termine mostra una costante riduzione della gravità degli incidenti, evidenziata dall’indice di mortalità (numero dei decessi ogni 100 incidenti), che si attesta al 2,4% nel 2006 contro il 2,8% del 2000; e dall’indice di gravità (rapporto tra il numero dei decessi ed il numero totale dei morti e dei feriti, moltiplicato per 100), che passa da 1,9 a 1,7 decessi ogni 100 infortuni. Per sintetizzare, nel periodo di riferi- mento:
– gli incidenti sono passati da 256.546 a 238.124 (- 7,2%); – i decessi da 7.061 a 5.669 (- 7,5%); – i feriti da 360.013 a 332.955 (- 19,7%). Va sottolineato che, nello stesso perio- do, il parco veicolare è cresciuto del 13,7%, mentre il volume di circolazione (valutato, però, sulle percorrenze autostradali, è aumentato del 19,9%).
Se si vanno ad analizzare i dati relativi alle singole province, emerge qualche sorpresa; per esempio sono tutte al Sud e sono tutte città medio-piccole, le 10 Province italiane che fanno registrare il più alto tasso di mortalità negli incidenti rilevati.
La vergognosa “top five” vede al primo posto Medio Campidano (95,24), cui seguono, Potenza (90,23), Crotone (81,48), Isernia (80,88) e Carbonia Iglesias (77,67).
Purtroppo, la Regione Sardegna non esce molto bene da questa rilevazione. A ribaltare il luogo comune, secondo il quale sarebbero le grandi città ad essere le meno sicure da un punto di vista degli incidenti automobilistici, i dati classificano, in base al tasso di mortalità, più sicure: Milano (10,06), Firenze (10,48), Roma (14,61); rispetto a Torino (18,50); Bologna (21,25); Palermo (22.63); Napoli (24,44). Mentre, inaspettatamente, la Provincia italiana con il più basso tasso di mor- talità per incidenti stradali è Genova (7.91).
Se, viceversa, si analizza il fenomeno dell’incidentalità stradale dal punto di vista del rapporto fra incidenti e parco circolante, sono proprio le province del Nord a guidare la classifica e ben 5 dei capoluoghi con oltre 250.000 abitanti occupano le prime dodici posizioni. Rimini guida la classifica con un in- dice di 9,76, seguita da Milano (9,14), Ravenna (8,87) e Genova (8,74); Bologna (6,94); Venezia (5,66); Ca- tania (3,93); Palermo (3,83); Napoli (2,62).
Interessante notare come la provin- cia con il tasso di mortalità più alto risulti quella con il più basso rapporto incidenti/parco circolante: Avellino e Isernia, a parimerito (1,89); Bene- vento (1,96); Vibo Valentia (2,23); Crotone (2,31); Agrigento (2,33), Carbonia Iglesias (2,39) e Campo- basso (2,45).
Se invece si analizza la casistica degli incidenti dal punto di vista del rappor- to tra incidenti stessi e popolazione, ancora una volta sono le province del Nord a guidare la classifica, mentre, tutte al Sud, quelle che fanno registrare i trend migliori.
Dove avvengono gli incidenti
Nell’anno cui il Rapporto fa riferimento, si evidenzia che le strade urbane sono quelle dove avvengono più incidenti, rispetto alle Autostrade e l’insieme delle “altre strade”.
Sulle strade urbane si sono verificati 182.177 incidenti (76,5%) del totale che hanno inciso del 72,7% sul totale dei feriti e del 44% su quello dei morti. Viceversa sulle autostrade si sono verificati “solo” 13.319 incidenti (pari al 5,6% del totale) con 22.646 feriti (6,8% del totale) e 590 decessi (10,4% del totale).
L’indice di mortalità mostra che gli inci- denti più gravi avvengono sulle strade extra urbane, dove si registrano 6,1 decessi ogni 100 incidenti; mentre l’indice di mortalità sulle autostrade (4,4) è più che triplo rispetto a quello registrato nelle sole città.
Il Rapporto indica, infine, che in riferimento alla rete extra urbana non autostradale, le strade ad una carreggiata a doppio senso, presentano un indice di incidentalità superiore del 63% rispetto alle strade a doppia carreggiata.
Come avvengono gli incidenti
La rilevazione statistica indica che la maggior parte degli incidenti stradali avviene tra due o più veicoli (76,5%); il 23,5% a veicoli isolati.
Nell’ambito della casistica degli incidenti fra veicoli, la tipologia di incidente più diffusa è lo scontro frontale-laterale (85.098 casi), seguita dal tamponamento (43.610 casi). Tra gli incidenti a veicoli isolati sono la fuoriuscita di strada o lo sbandamento a registrare la maggior casualità (21.959 incidenti); mentre l’investi- mento del pedone rappresenta “solo” l’8% degli incidenti (19.089 casi).
Perché avvengono gli incidenti
Ad analizzare le cause e le circostanze accertate o presunte degli incidenti rilevati, non si notano differenze sostanziali rispetto agli anni precedenti. Purtroppo, ancora una volta si deve notare come le responsabilità principali, in caso di incidente, siano imputabili a fattori umani nell’ambito dei comportamenti errati alla guida.
Il mancato rispetto delle regole di precedenza, la guida distratta e la velocità troppo elevata, sono le prime tre cause di incidente e da sole costituiscono il 45,86% dei casi.
Lo stato psicofisico alterato del conducente non rappresenta una percentuale elevata del totale dei casi (“solo” il 2% degli incidenti può essere ricondotto a tale fenomenologia), eppure sono proprio quest’ultimi, quelli che vanno segnalati per la gravità delle conseguenze.
In tale categoria rientrano: l’ebbrezza da alcool (4.246 dei casi, pari al 71% della categoria); il malore, l’ingestione di sostanze stupefacenti o psicotrope ed il sonno (1.586 dei casi, pari al 26,4% della categoria). Solo in 685 casi (che pesano per lo 0,2% sul totale) sono stati rilevati difetti o avarie del veicolo tali da aver causato degli incidenti, mentre il comportamento scorretto del pedone o l’alteramento dello stato psico-fisico dello stesso, hanno causato 9.339 casi, pesando per il 3,11% sul totale delle cause di incidente. La distribuzione degli eventi nelle ore del giorno e della notte indica che le cause di incidente più rilevanti nelle ore notturne sono: velocità, presenza di ostacoli o buche sulla carreggiata, alcool e droghe, sonno; mentre nelle ore diurne prevalgono: le manovre azzardate, i sorpassi irregolari e gli incidenti con i pedoni. In riferimento alla tipologia delle strade si evidenzia che la causa prima di incidente sulle strade urbane è il mancato rispetto delle regole di precedenza o semaforiche, mentre sulle strade extraurbane è la velocità quella che miete più vittime.
Insomma, a leggere il Rapporto, malgrado i dati dimostrino un leggero calo degli incidenti stradali, vengono i brividi, per le implicazioni giornalieri di quei freddi numeri ivi elencati.
Tant’è che già nel 2001 nel Libro Bianco: “La politica europea dei trasporti fino al 2010: il momento delle scelte”, l’Unione europea aveva fissato l’ambizioso obiettivo di ridurre del 50% il numero di morti sulle strade, da allora al 2010.
Ebbene, alla fine del 2005, solo pochi Stati membri avevano già ridotto in mi- sura superiore al 25% il numero delle vittime della strada, attraverso l’applicazione di politiche integrate.
D’altro canto, Paesi come la Gran Bretagna, che già nel 2000 presentava una situazione ottimale, difficilmente dimostrano una capacità di ridurre del 50% un numero di vittime che sembra quasi connaturato con le dinamiche della mobilità.
Eppure l’Italia, ha cercato di fare qualcosa se già alla fine del 2005 si registrava una di munizione del 17,6% rispetto agli anni precedenti e il trend decrescente è proseguito anche nel 2006 come si diceva all’inizio di questo articolo.
Purtroppo, il risultato, seppur apprezzabile, non è sufficiente per raggiungere l’obiettivo del 2010: infatti, permanendo il trend attuale, le proiezioni indicano per quell’anno, in Italia, una riduzione delle vittime pari al solo 30% e la Penisola, col brutto pedigree di 95 morti per incidente stradale ogni milione di abitanti, registra ancora un tasso quasi doppio rispetto a Paesi come la succita- ta Gran Bretagna, l’Olanda, e la Svezia (che si attestano intorno ai 50 decessi/ milione di abitanti).
Che fare, quindi?
Aumentare le azioni verso una rinnova- ta sicurezza stradale, significa spendere per: maggiori controlli, diffondere una nuova cultura della guida e del rispetto delle regole; aumentare i livelli di protezione degli utenti più deboli; individuare e mettere in sicurezza le strade più pericolose.
Non è un caso che i Paesi più virtuosi, in questo senso, siano anche quelli a cui va la nostra ammirazione e la nostra invidia quando si tratta di rilevare i buoni risultati raggiunti in campi più difficoltosi come: la diffusione delle energie rinnovabili; l’applicazione di politiche più austere nei confronti della mobilità delle merci e delle persone; l’implementazione di rinnovamenti strutturali urbani, volti al contenimento degli sprechi e all’ottimizzazione delle risorse.
Purtroppo in Italia, si preferisce discutere d’altro (la necessità del Ponte sullo stretto di Messina, “l’immediato” ritorno del nucleare) e mentre si discute, si destinano oltre 295.357.091,04 Euro l’anno ai Partiti (fonte, Camera dei Deputati), contro i 133.000.000 della Germania; gli 80.264.408,00 della Francia; i 75.543.395 della Spagna e i soli 4.969.808,77 della Gran Bretagna. Quali sono le vere priorità?

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