ULTERIORI AGGIUSTAMENTI IN MATERIA AMBIENTALE

La legge 4 febbraio 2005, n. 11, avente per oggetto:” Norme generali sulla partecipazione dell’Italia al processo normativo dell’Unione Europea e sulle procedure di esecuzione degli obblighi comunitari”, affida al Governo di pre- disporre annualmente un disegno di legge da sottoporre al Parlamento per l’approvazione di una norma le- gislativa per adempiere agli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alla Comunità europea. In data 25 gennaio 2008 il Governo ha trasmesso al Parlamento, per l’esame di propria competenza, il disegno di legge (AC 3062) e, nel contempo, ha richiesto, in forza della surrichiamata disposizione legislativa, una delega per l’attuazione di alcune direttive, particolarmente complesse e di contenuto prevalentemente tecnico. Gli allegati A e B previsti nel disegno di legge AC 3062 contengono l’elenco del- le direttive da recepire; la necessità di diversificazione attraverso i due allegati è semplicemente di carattere procedurale in quanto gli schemi normativi di attuazione contenuti nell’allegato B vengono esaminati, a differenza per quanto avviene per le materie di cui all’allegato A, solo da parte delle competenti Commissioni parlamentari. Nella relazione illustrativa al disegno di legge sono elencate le direttive pubblicate nel corso del 2007 da attuare in via amministrativa (55 direttive), di cui 20 già recepite alla data del 5 gennaio 2008 e 35 ancora da recepire.

Sono, altresì, indicate le procedure di in- frazione (1) ufficialmente aperte nei confronti dell’Italia. L’articolo 10 della legge 4 febbraio 2005, n. 11 attribuisce al Presidente del Consiglio il potere di proposta di provvedimenti normativi, anche urgenti, per fare fronte ad atti normativi o a sentenze che comportino l’obbligo di adeguamento allorquando la scadenza di tali obblighi risulti anteriore alla presunta data di entrata in vigore della legge comunitaria relativa all’anno in corso. (2) Pertanto il Governo, attraverso la decretazione d’urgenza, ha provveduto con Decreto Legge 8 aprile 2008, n. 59 (Gazzetta ufficiale 9 aprile 2008 n. 84) ed avente per oggetto: “Disposizioni urgenti per l’attuazione di obblighi comunitari e l’esecuzione di sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee” ad apportare modifiche all’ordinamento nazionale al fine di uniformare la legislazione nazionale a quella comunitaria. Gli articoli 6 e 7 del D.L.59/2008 trattano argomenti sui quali intendiamo soffermarci in quanto ritenuti di interesse dai lettori della categoria degli Autodemolitori: All’articolo 17 del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36, dopo il comma 4, sono stati inseriti i seguenti articoli: “4-bis. Il provvedimento con cui l’autorità competente approva i piani di adeguamento, presentati ai sensi del comma 3, per le discariche di rifiuti pericolosi e per quelle autorizzate dopo la data del 16 luglio 2001 e fino al 23 marzo 2003, deve fissare un termine per l’ultimazione dei lavori di adegua- mento, che non può essere successivo al 1° ottobre 2008. 4-ter. Nel caso in cui, per le discariche di cui al comma 1, il provvedimento di approvazione del piano di adegua- mento di cui al comma 4, stabilisca un termine finale per l’ultimazione dei lavori di adeguamento successivo al 1° ottobre 2008, tale termine si intende anticipato al 1° ottobre 2008” 2.- Le motivazioni Con il D. Lgs.13 gennaio 2003, n. 36 è stato recepito nell’ordinamento nazionale le disposizioni della direttiva 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti. Da tempo la Commissione europea aveva sollevato perplessità al riguardo, avviando due procedure di infrazione nei confronti dello Stato italiano. Con la prima infrazione veniva con- testato un non corretto recepimento dell’articolo 14 della direttiva 1999/31/ CE (il contenuto di tale articolo era stato trasportato all’articolo 17 del D. Lgs. 36/2003). Si è giunti quindi alla procedura di infrazione n. 2003/2077, in esecuzione della sentenza della Corte di Giustizia, resa in data 26 aprile 2007 nella causa C-135/05, con la quale è stata disposta la mancata attuazione dell’articolo 14 della direttiva 1999/31/CE, in quanto l’Italia non ha fornito dati certi sulla chiusura delle discariche che non han- no presentato nei termini prescritti il piano di adeguamento e i dati relativi alle discariche nei confronti delle quali è stato respinto il piano. Nella seconda procedura di infrazione n. 2003/4506, causa C-442/06, messa in mora nell’ambito della procedura di infrazione n. 2006/4482, la Com- missione Europea contesta il tardivo recepimento della direttiva che, ai sensi dell’articolo 14, avrebbe dovuto essere trasposta entro il 16 luglio 2001 mentre il decreto legislativo è entrato in vigore nel marzo del 2003. Per effetto di tale ritardo le discariche autorizzate tra il 16 luglio2001 ed il 23 marzo 2003 non sono state classificate come discariche ex nuovo, il che avrebbe comportato l’applicazione della nuova disciplina introdotta dalla direttiva, bensì quella di discariche pre- esistenti, per le quali è stato ritenuto sufficiente la presentazione e l’approvazione di un piano di adeguamento. Pertanto con il Decreto Legge in questione viene riconosciuto a posteriori una specifica disciplina per le discariche autorizzate tra il 16 luglio 2001 e il 23 marzo 2003 facendo venir me- no il regime di generale e indistinta equiparazione tra tutte le discariche preesistenti al marzo 2003. RIFIUTI ELETTRICI ED ELETTRONI- CI (RAEE) 1.- Le modifiche apportate al D. Lgs. 25 luglio 2005 n. 151. “All’articolo 3, comma 1, del decreto legislativo 25 luglio 2005, n. 151, la lettera c) è soppressa”. 2.- Le motivazioni. Precisato che il D. Lgs. 25 luglio 2005, n. 151, avente per oggetto: ” Attuazione delle direttive 2002/95/Ce, 2002/96/ Ce e 2003/108/Ce, relative alla riduzione dell’uso di sostanze pericolose nelle apparecchiature elettriche ed elettroniche, nonché allo smaltimento dei rifiuti” definisce le ” apparecchiature elettriche ed elettroniche usate”: le apparecchiature di cui alla lettera a) che il detentore consegna al distributore al momento della fornitura di una apparecchiatura di tipo equivalente, affinché quest’ultimo possa valutare, prima di disfarsene, il possibile reimpiego ai sensi dell’articolo 1, comma 1, lettere a) e b)” Lo Stato Italiano era stato già messo in mora da parte della Comunità Europea per aver ristretto la definizione di rifiuto di cui sopra e che la stessa risulta in evidente contrasto con le disposizioni comunitarie La Commissione europea aveva evidenziato che la normativa comunitaria non vieta che il distributore che riceva delle apparecchiature elettriche ed elettroniche usate possa riutilizzarle ma impone che qualora il detentore si disfi di un oggetto presso un distributore, tale oggetto venga considerato e trattato come rifiuto, fino alla sua riabilitazione a “bene” tramite il processo finalizzato al riutilizzo e quindi sottoposto alla preventiva autorizzazione da parte dell’autorità competente. Al riguardo si fa rilevare che con Legge comunitaria 2007 (legge 25 febbraio 2008 n. 34) il Governo era stato de- legato ad apportare modifiche al vigente testo del D. Lgs. 151/2006 “… al fine di correggere le disposizioni oggetto di procedura d’infrazione e per modificare o abrogare le disposizioni comunque in contrasto con gli obblighi comunitari, nonché per apportare le modifiche necessarie per consentire un più efficace funziona- mento dei sistemi collettivi di gestione dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche, in modo da adeguarli ai princìpi della parte IV del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152”. Tuttavia nonostante la delega ricevuta con Legge Finanziaria 2007, non è stata prodotta alcuna disposizione correttiva in merito, pertanto la modifica apportata al testo originale del D. Lgs. 151/2006 si è resa necessaria per risolvere una procedura di infrazione avviata il 12 ottobre 2006 dalla Commissione europea in quanto la definizione, non contemplata dalla di- rettiva 2002/96/CE e introdotta nella normativa italiana opera un indebito restringimento del campo di applica- zione della stessa direttiva. A seguito delle modifiche apportate le “apparecchiature elettriche ed elettroniche usate” sono da considerarsi – in base alla direttiva 2002/96/CE – dei ve- ri e propri rifiuti, e come tali devono essere gestite sia dai distributori che dai centri di raccolta, salva la possibilità di avviarle poi ad un processo di riutilizzo. VEICOLI FUORI USO 1.- Le modifiche apportate al D.Lgs. 24 giugno 2003, n. 209 Al decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 209, sono apportate le seguenti modificazioni: a) all’articolo 1, comma 2, dopo le parole: “di cui all’articolo 5, commi 1 e 3,” sono aggiunte le seguenti: “all’arti- colo 5, comma 15,”; b)all’articolo 5: 1) al comma 3 dopo le parole: “di cui al comma 2,” sono inserite le seguenti: “e, ove sia tecnicamente fattibile, i pezzi usati allo stato di rifiuto, derivanti dalle riparazioni dei veicoli, ad eccezione di quelli per cui è previsto dalla legge un consorzio obbligatorio di raccolta,”; 2) al comma 15 le parole: “ad un operatore autorizzato alla raccolta di cui all’articolo 3, comma 1, lettera u),” sono sostituite dalle seguenti: “ad un centro di raccolta di cui all’articolo 5 comma 3; c) all’articolo 10, comma 1, le parole: “concordate con i gestori degli impianti” sono sostituite dalle seguenti: “richieste dai gestori degli impianti”. 2.- Le motivazioni Le modifiche in questione si sono rese necessarie ed urgenti per dare esecuzione alla sentenza della Corte di Giustizia delle Comunità europee del 24 maggio 2007 nella causa C- 394/05. Con tale sentenza la Corte ha stabilito il non corretto recepimento della direttiva 2000/53/CE trasferita nell’ordinamento nazionale con il D. Lgs. 209/2003. A seguito delle modifiche apportate le imprese di autoriparazione devono provvedere, ove ciò sia tecnicamente possibile, affinché i pezzi usati allo stato di rifiuti, derivanti dalla riparazione dei veicoli, siano conferiti ad un centro di raccolta. Tale onere sussiste anche per i pezzi usati derivanti dalle riparazioni operate su veicoli a motore a tre ruote, mentre sfugge a tale disposizione i rifiuti per i quali è previsto dalla legge un consorzio obbligatorio di raccolta. Inoltre con le modifiche apportate all’articolo 10 del D. Lgs. 209/2003 i produttori dei veicoli devono mettere a disposizione dei titolari degli impianti di trattamento autorizzati in- formazioni, sotto forma di manuale o tramite sistema informatico e ciò al fine di consentire di identificare i di- versi componenti e materiali, nonché l’ubicazione delle sostanze pericolose contenute. (1) Alla data del 3 aprile 2008 , risultano ufficialmente aperte nei confronti dell’Italia complessivamente 196 procedure di infrazione: 152 riguardano casi di violazione del diritto comunitario, 44 la mancata attuazione di direttive nell’ordinamento italiano. Le procedure che riguardano l’ambiente ammontano a 51. (2) La procedura d’infrazione costituisce uno strumento indispensabile per garantire il rispetto e la certezza del diritto comunitario. La decisione relativa al suo avvio è una competenza esclusiva della Commissione, la quale, esercitando un potere discrezionale, può agire, sulla base di un’interrogazione parlamentare o di propria iniziativa. A conclusione del lungo iter si può arrivare alla emanazione della sentenza di condanna da parte della Corte di Giustizia che comporta il pagamento da parte dello Stato inadempiente di una somma forfetaria e in una penalità di mora, adeguate alla gravità e alla persistenza dell’inadempimento. Particolarmente onerosa è la procedura di cui all’articolo 228 del Trattato con cui la Com- missione, a seguito del pronunciamento della Corte chiude la fase del c.d. “precontenzioso” in quanto un ulteriore ritardo da parte dello stato inadempiente comporta il pagamento di una somma forfetaria mini- ma e una penalità di mora (per l’Italia la somma forfetaria minima è stata stabilita in 9.920.000 euro, mentre la penalità di mora può oscillare tra 22.000 e 700.000 euro per ogni giorno di ritardo nell’attuazione della seconda sentenza, a seconda della gravità dell’infrazione).

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