L’ESPORTAZIONE DI VEICOLI FUORI USO
L’Esperto risponde
Il Sig. Roberto Capocasa, Vicepresidente della Confederazione Autodemolitori Riuniti (C.A.R.), ha fatto pervenire il seguente quesito: “Gli autodemolitori marchigiani, al fine di adeguare i propri centri alla normativa nazionale e regionale, hanno sostenuto ingenti investimenti finanziari. A seguito di ciò i centri di trattamento dei veicoli fuori uso siti nel territorio regionale rappresentano un esempio per quanto riguarda il rispetto delle condizioni ambientali, di igiene e sicurezza sul lavoro.
Tuttavia a fronte degli impegni economici e dei sacrifici personali da parte degli autodemolitori, taluni Concessionari delle case automobilistiche o rivenditori, operanti nel territorio regionale, dopo aver ritirato veicoli all’atto della vendita di altro mezzo, li conferiscono a centri di rottammazione siti in ambiti extraregional, se fuori uso, o li esportano in altri Paesi UE (Bulgaria, Romania), se obsoleti.
Si richiede di conoscere: se una legge regionale può porre il divieto di conferimento • dei veicoli fuori uso (considerati rifiuti speciali pericolosi) a centri di rottamazione siti in ambiti extraregionali rispetto a quelli di produzione? • se i veicoli obsoleti (Euro O , Euro 1, Euro 2) ritirati dai Concessionari delle case automobilistiche possono essere esportati nei paesi della Comunità Europea oppure debbono essere avviati comunque a centri di raccolta veicoli fuori uso?”
PRIMO QUESITO
Il Decreto Legislativo 3 aprile 2006 n. 152 e le successive correzioni ed integrazioni apportate dal D. Lgs 16 gennaio 2008, n°4 (e ancor prima il decreto Ronchi n. 22/97, oggi abrogato) assegna alle Regioni, alle Province e ai Comuni specifiche competenze finalizzate, tra l’altro, a perseguire iniziative dirette a favorire la prevenzione, la riduzione e la nocività dei rifiuti e ad attuare le migliori azioni perché i rifiuti vengano avviati:
• in primo luogo al recupero e al riciclaggio nel rispetto delle migliori tecnologie e a salvaguardia dell’ambiente e della salute dell’uomo;
• in via residuale allo smaltimento attraverso il ricorso ad una rete integrata ed adeguata di impianti tenuto conto della classificazione dei rifiuti e delle necessità di applicare le migliori tecniche disponibili.
La normativa nazionale prevede una distinta organizzazione per quanto riguarda lo smaltimento dei rifiuti urbani da quelli speciali, in particolare. Per i rifiuti urbani è prevista attraverso una pianificazione in grado di garantire l’autosufficienza per ambiti ottimali, fatti salvi eventuali accordi regionali. Sono esclusi dal divieto di smaltimento in regioni diverse da quelle ove sono prodotti i soli rifiuti urbani oggetto di raccolta differenziata destinati al recupero per i quali “… è sempre permessa la loro circolazione sul territorio nazionale al fine di favorire quanto più possibile il loro recupero, privilegiando il concetto della prossimità agli impianti di recupero” (6° comma, art. 182 D.Lgs. 152/2006).
Per i rifiuti speciali pericolosi e speciali non pericolosi, il D. Lgs. 152/2006 demanda alle Regioni la predisposizione di Piani regionali per la gestione dei rifiuti. In particolare l’articolo 199, lettera d), stabilisce che detti Piani devono prevedere “lo smaltimento dei rifiuti speciali in luoghi prossimi a quelli di produzione al fine di favorire la riduzione della movimentazione dei rifiuti”.
In merito alla lettera b) talune Regioni hanno tentato di imporre il divieto di smaltimento di rifiuti speciali (pericolosi e non) prodotti in ambiti extraregionali, emanando apposite leggi regionali.
Al riguardo la Corte Costituzionale si è pronunciata circa i limiti imposti sullo smaltimento dei rifiuti di provenienza extraregionale, dichiarando anticostituzionali tali leggi.
È interessante analizzare sinteticamente le motivazioni addotte dalla Corte Costituzionale.
Legge Regione Basilicata.
La Consulta ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 1 della legge della Regione Basilicata n. 59/1995 (Normativa sullo smaltimento dei rifiuti), come modificata dall’art.46 della legge regionale n.6/2001 (“Disciplina delle attività di gestione dei rifiuti ed approvazione del relativo piano”), nella parte in cui faceva divieto a chiunque conducesse nel territorio della Regione Basilicata impianti di smaltimento e/o stoccaggio di rifiuti, anche in via provvisoria, di accogliere negli impianti medesimi rifiuti, diversi da quelli urbani non pericolosi, provenienti da altre regioni o nazioni.
La Corte, confermando quanto sancito da una giurisprudenza oramai consolidata, ha precisato che il principio dell’autosufficienza locale nello smaltimento dei rifiuti in ambiti territoriali ottimali (ATO) vale, ai sensi dell’art.5, comma 3, lettera a) dell’ex D.Lgs.22/97, per i soli rifiuti urbani non pericolosi (ai quali fa riferimento l’art.7, commi 1 e 4, dell’ex D.Lgs.22/97) e non per altri tipi di rifiuti, per i quali vige, invece, il diverso criterio della vicinanza di impianti di smaltimento appropriati, finalizzato a ridurre il movimento dei rifiuti stessi e correlato a quello della necessità di impianti specializzati per il loro smaltimento, ai sensi della lettera b) del medesimo comma 3. A tale principio non sono stati ritenuti assoggettati i rifiuti speciali (pericolosi che non pericolosi).
Legge Regione Piemonte.
Con la sentenza 6 luglio 2000, n.281 relativa al giudizio di legittimità dell’art.18, comma 1, della L.R. 13.04.1995, n.59 “Norme per la riduzione, il riutilizzo e lo smaltimento ei rifiuti”) della Regione Piemonte, la Corte ha chiarito che, mentre per i rifiuti urbani non pericolosi il principio dell’autosufficienza è pienamente applicabile, anche sotto il profilo del divieto di smaltimento di quelli extraregionali, in quanto l’ambito territoriale ottimale (ATO) per lo smaltimento è logicamente limitato e predeterminabile in relazione ai luoghi di produzione; per i rifiuti pericolosi si deve invece ritenere prevalente, in ragione delle loro caratteristiche, il diverso criterio della necessità di impianti “appropriati” e “specializzati” per il loro smaltimento.
Rispetto ai rif uti pericolosi, infatti, non appare predeterminabile un ambito territoriale ottimale (ATO), quale potrebbe in astratto essere quello regionale, in quanto, da un lato la produzione di rifiuti pericolosi, che generalmente deriva da processi industriali, è connessa a localizzazioni non necessariamente omogenee e comunque non facilmente prevedibili; dall’altro lato, la realizzazione di impianti specializzati per questo tipo di smaltimento comporta oneri di individuazione di siti appropriati e di costruzione particolarmente gravosi, soprattutto in rapporto al quantitativo da smaltire. La Corte ha ritenuto che tale divieto per i rifiuti speciali, se è legittimo per quanto in precedenza rilevato con riferimento ai rifiuti urbani non pericolosi, si pone, invece, in contrasto con la Costituzione nella parte in cui si applica a tutti gli altri tipi di rifiuti di provenienza extraregionale, perché invade la competenza esclusiva attribuita allo Stato in materia di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema prevista dall’art.117, comma 2, lettera s) della Costituzione. Inoltre viola i principi fondamentali della legislazione statale contenuti nell’ex D.Lgs.22/97 non rispetta il vincolo generale imposto alle Regioni dall’art.120, comma 1 della Costituzione, che vieta
ogni misura atta ad ostacolare la libera circolazione delle cose e delle persone fra le Regioni.
Legge Regione Friuli Venezia Giulia
Con sentenza 8 ottobre 2001, n.335 la Corte Costituzionale, sulla base di identici rilievi, ha ritenuto in contrasto, sotto il profilo dell’introduzione di ostacoli alla libera circolazione di cose tra le regioni (considerando che la Corte di Giustizia delle Comunità europee ha qualificato i rifiuti come “prodotti”), oltre che con i principi fondamentali delle norme di riforma economico-sociale introdotte dall’ex D.Lgs.22/97, con l’art.120 della Costituzione, l’art.16, comma 4, della L. R.. della Regione Friuli – Venezia Giulia 7.11.1987, n.30 (Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 7 novembre 1987, n.30). La legge regionale in questione vietava lo smaltimento di rifiuti di provenienza extraregionale diversi da quelli urbani non pericolosi. L’impugnata legge regionale poneva allo smaltimento di rifiuti di provenienza extraregionale un divieto non assoluto, ma relativo, commisurato cioè ad una percentuale della capacità ricettiva delle discariche, peraltro diversamente calcolata, secondo che si trattasse di discariche nuove o già esistenti.
Questa particolarità tuttavia non giustificava una valutazione diversa da quella riservata dalle sentenze sopra citate, alle norme allora scrutinate, che imponevano un divieto assoluto.
Legge Regione Abruzzo
La Regione Abruzzo con la L.R. 9.08.2006, n.27, (BURA n.46 del 30.08.2006), ha provveduto ad abrogare l’ex art.29 della L.R.83/00 con nuove disposizioni, che recitano: “La Regione persegue l’obiettivo di limitare nel proprio territorio lo smaltimento dei rifiuti speciali di provenienza extraregionale. Il competente servizio regionale emana, a tal proposito, specifiche direttive”.
Tuttavia la Regione Abruzzo “ha inteso limitare per quanto possibile, lo smaltimento e/o il recupero di rifiuti urbani pericolosi e/o speciali, di provenienza extraregionale, negli impianti di smaltimento e/o recupero ubicati ed autorizzati nel proprio territorio, nel rispetto delle normative vigenti e, comunque, tenendo conto dei pronunciamenti di merito dell’Alta Corte” (vedasi al riguardo la circolare in tal senso emanata dalla Regione Abruzzo), ponendo a carico dei soggetti gestori degli impianti (di smaltimento e/o di recupero) l’obbligo della comunicazione semestrale circa la provenienza dei rifiuti.
Legge Regione Marche
La legge regionale 28 ottobre 1999, n. 28 non pone vincoli circa la gestione di rifiuti speciali extraregionali. Mentre il Piano Regionale di Gestione dei Rifiuti, approvato con deliberazione amministrativa del Consiglio n. 284 del 15 dicembre 1999, prevede al paragrafo 3.3.3 che: “Negli impianti di gestione dei rifiuti insistenti sul territorio regionale deve essere prioritariamente garantito l’accesso dei flussi prodotti nella regione stessa intendendo con tale principio attribuire una precedenza anche in termini quantitativi, rispetto alla capacità dell’impianto”.
A tal fine è previsto un sistema di controllo statistico tramite l’inoltro di una comunicazione semestrale circa la provenienza dei rifiuti gestiti.
Conclusioni
Disposizioni legislative poste in essere a livello regionale circa il divieto di conferimenti di rifiuti speciali (pericolosi o non pericolosi), con provenienza extraregionale sono da ritenere anticostituzionali.
Inoltre una tale limitazione, anche alla luce della giurisprudenza della Corte di Giustizia Europea che considera i rifiuti come “merce”, troverebbe un ulteriore ostacolo con quanto stabilito dall’art. 120, comma 1, della Carta Costituzionale, che vieta ogni misura atta ad ostacolare la libera circolazione delle cose e delle persone fra le Regioni.
In merito al criterio della prossimità o di vicinanza degli impianti che la norma nazionale detta come possibile azione da privilegiare, rappresenta un auspicio e come tale è facilmente influenzabile dalle condizioni commerciali, dalle tecnologie utilizzate e dal servizio prospettato.
SECONDO QUESITO
Il quesito può essere affrontato solo dopo aver analizzato brevemente la normativa di riferimento ed in particolare è necessario evidenziare quando un veicolo usato è considerato rifiuto (= veicolo fuori uso, in tal caso ricade nella normativa di cui al D.Lgs. 209/2003) ovvero quando lo stesso è considerato veicolo usato (= bene, e quindi commercializzabile).
Nel primo caso occorre fare riferimento al 1° comma dell’articolo 5 del D.Lgs. 24 giugno 2003, n. 209 avente per oggetto: ”Attuazione della direttiva 2000/53/Ce relativa ai veicoli fuori uso”, successivamente modificato dal D.Lgs. 23 febbraio 2006, n. 149, che prevede testualmente: ”Il veicolo destinato alla demolizione è consegnato dal detentore ad un centro di raccolta ovvero, nel caso in cui il detentore intende cedere il predetto veicolo per acquistarne un altro, può essere consegnato al concessionario o al gestore della succursale della casa costruttrice o dell’automercato, per la successiva consegna ad un centro di raccolta, qualora detto concessionario o gestore intenda accettarne la consegna e conseguentemente rilasciare il certificato di rottamazione di cui al comma 6”.
Il comma 6 del predetto articolo 5 stabilisce:” Al momento della consegna del veicolo destinato alla demolizione, il concessionario o il gestore della succursale della casa costruttrice o dell’automercato rilascia al detentore, in nome e per conto del centro di raccolta che riceve il veicolo, apposito certificato di rottamazione conforme ai requisiti di cui all’allegato IV, completo della descrizione dello stato del veicolo consegnato nonché dell’impegno a provvedere alla cancellazione dal PRA”. Infine la cancellazione dal PRA del veicolo fuori uso può avvenire esclusivamente e senza oneri a carico del detentore del veicolo: a cura del titolare del centro di raccolta;• a cura del concessionario o del gestore della succursale • della casa costruttrice o dell’automercato.
Entro i successivi 30 giorni dalla consegna del veicolo e dalla emissione del certificato di rottamazione il concessionario o il gestore della succursale o il titolare del centro restituisce il certificato di proprietà, la carta di circolazione e le targhe relativi al veicolo fuori uso, con le procedure stabilite dal decreto del Presidente della Repubblica 19 settembre 2000, n. 358.
In questo caso il veicolo fuori uso, codice CER 160101*, è classificato come rifiuto speciale pericoloso e gestito con le modalità tecniche di cui al citato D.Lgs. 209/2003 e del D.Lgs. 152/2006.
A tal proposito si ricorda che per usufruire degli eco-incentivi previsti nella finanziaria 2008 (possono usufruire di tali agevolazioni per i contratti di acquisto stipulati dal 1/1/2008 al 31/12/2008 con immatricolazione del veicolo nuovo entro il 31/3/2009), consistenti nella esenzione del pagamento del bollo necessita avviare a rottamazione un’auto Euro 0, Euro 1 o Euro 2* (*immatricolata entro il 31/12/1996), o acquistare una vettura Euro 4 o 5 capace di emettere al massimo 140 grammi CO2 al Km (130 grammi se diesel).
(1) Nel caso invece in cui concessionario o il gestore della succursale della casa costruttrice o dell’automercato reputa che il veicolo ricevuto dal proprietario/detentore non sia da avviare alla rottamazione e quindi non rilascia il relativo certificato, si ricade nella gestione di un “veicolo usato” ed esso potrà essere commercializzato secondo le regole e le norme di settore.
CONCLUSIONI
Veicolo avviato alla rottamazione (nei casi in cui il Concessionario ha rilasciato al proprietario/detentore il certificato di rottamazione): il veicolo non potrà essere trasferito nei paesi della Comunità o nei paesi terzi se non nel pieno rispetto della normativa sulla esportazione dei rifiuti (regolamento Parlamento europeo e Consiglio Ue n. 1013/2006/CE).
Anche i veicoli che usufruiscono degli eco-incentivi, previsti nella finanziaria 2008 e nel decreto c.d. “Mille proroghe”, debbono essere avviati alla rottamazione e rientrano nella defi nizione di rifi uti; il loro conferimento presso centri di
raccolta o la esportazione fuori dal territorio nazionale potrà avvenire nel pieno rispetto della normativa di settore o del citato regolamento comunitario.
Veicolo usato consegnato a Concessionari.
Qualora si trasferisce definitivamente un veicolo usato all’estero, necessita richiedere al P.R.A. la cessazione dalla circolazione (ossia radiazione) per esportazione (richiesta necessaria, tra l’altro, per eliminare l’obbligo in capo all’intestatario del pagamento della tassa automobilistica che permane fin quando il veicolo risulta iscritto al P.R.A.).
Se il veicolo è esportato in uno dei Paesi membri della UE è necessario produrre al momento della nazionalizzazione in tali Paesi l’originale della carta di circolazione rilasciata in Italia (direttiva europea 1999/37/CE).
Per questo motivo la carta di circolazione non verrà ritirata ma restituita, debitamente annullata e timbrata, all’interessato.
(1) Oltre all’esenzione sul bollo, si deve aggiungere un incentivo di 700 euro (800 se l’auto scelta registra 120 g CO2/ km). Inoltre, se all’interno della stessa famiglia convivente si demoliscono due auto, l’incentivo viene aumentato di 500 euro. Per quel che riguarda l’esenzione del bollo, gli anni di bonus diventano tre se l’auto è una vecchia euro zero.
Contributo statale anche per chi demolisce vetture euro zero, euro 1 ed euro 2* (*immatricolata entro il 31/12/1998) senza comprarne una nuova. Per usufruirne non si dovranno però acquistare automobili entro 3 anni dalla data di rottamazione.
Tale incentivo consiste in 150 Euro per coprire i costi della demolizione e della radiazione dal P.R.A., oltre a 3 anni gratis di abbonamento ai mezzi di trasporto pubblico se non si hanno altri mezzi intestati.