BIOCARBURANTI DI SECONDA GENERAZIONE CON MINORE IMPATTO SULLA PRODUZIONE ALIMENTARE

Si è svolto a Roma il 27 febbraio scorso presso l’Automobile Club d’Italia, un convegno dedicato ai biocombustibili e alla mobilità.
I biocombustibili, dopo una prima ondata di entusiasmo stanno ora attraversando un momento di necessaria ricerca e verifica sulla loro opportunità ambientale, economica e sociale di utilizzo.
Si può davvero contribuire alla soluzione del problema CO 2, senza sottrarsi da una valutazione costi/benefici non solo economica, ma anche ambientale? È possibile rispettare l’ambiente ed evitare ripercussioni negative sulla produzione alimentare? Questi alcuni degli interrogativi che ruotano intorno alla produzione di biocombustibili.
Pasquale De Vita Vice Presidente Vicario dell’Automobile Club d’Italia, (ACI) ha asserito nel corso del Convegno, che occorre oggi “Avviare una riflessione sulle ricadute che i biocombustibili hanno generato soprattutto nell’agricoltura”.

De Vita, che è anche Presidente dell’Unione petrolifera, ha proseguito ricordando che l’Italia è al 3° posto nell’Unione Europea per la produzione di biocombustibili.
“Questo – ha spiegato De Vita – è un momento di approfondimento, ma non significa che dobbiamo commettere l’errore di fermarci davanti alle prime difficoltà”.
De Vita ha inoltre sottolineato che “è un errore pensare di sostituire totalmente i carburanti fossili, sia per motivi tecnici che di produzione, perché si rischierebbe di non fare più pane per realizzare biocarburanti. È fondamentale, invece, portare avanti progetti e ricerche sui combustibili di seconda generazione che hanno un minore impatto sulla produzione agricola a scopo alimentare”.
Questi combustibili, infatti, sono prodotti con materie prime non destinate all’alimentazione, come paglia, legno, scarti e rifiuti e il processo produttivo usa tutta la pianta, non solo amidi e zuccheri.
La relativa tecnologia si è detto durante il workshop – è ancora solo nella fase di sviluppo, ma è da questi impieghi che ci si attendono sostanziali miglioramenti economici, sociali e ambientali. Una crescita auspicata capace di evitare conseguenze negative, come la pressione sui prezzi di alcuni prodotti alimentari, puntando invece sulla coltivazione di materie prime su terreni fuori produzione (set-aside) ed a bassa produttività.
Emilio Di Camillo, della Commissione Mobilità dell’ACI, ha illustrato dettagliatamente nella sua relazione i motivi che hanno messo i biocombustibili agli onori della cronaca, attribuendo al loro utilizzo i diversi vantaggi ottenibili sul piano delle politiche energetiche, di quelle agricole e di quelle ambientali.
Lungo queste tre direttive, va quindi analizzato il contributo offerto dai biocombustibili.
Lo scopo della presentazione di Emilio Di Camillo è stato quello di sottolineare vantaggi e criticità dei biocombustibili, chiedendosi, ad esempio, se il loro uso possa davvero contribuire sostanzialmente alla soluzione del problema CO 2, ma anche verificare se il rapporto vantaggi-criticità possa portare, attraverso un’analisi well-to-wheels, da un lato, a definire l’effettiva dimensione dei problemi e dall’altro, ad individuare la strada con le migliori possibilità di soluzione.
Per quanto riguarda uno degli interrogativi più critici, ossia la possibilità di ridurre significativamente l’emissione di CO 2 attraverso un uso esteso di bio-combustibili, alcune opinioni dicono che “l’uomo è soltanto in piccola parte responsabile delle emissioni di CO 2 a livello planetario e di questa quota l’automobile è responsabile per appena il 6%”.
Aspetti tecnici relativi all’utilizzo dei biocarburanti
Un altro degli aspetti sul quale si è concentrato il Workshop riguarda i problemi di compatibilità dei motori dei veicoli in circolazione e le nuove linee di sviluppo del sistema di distribuzione dei carburanti.
Oggi, la maggioranza dei veicoli può tranquillamente adoperare miscele con il 10% di etanolo senza particolari modifiche ai motori. Il biodisel è miscelabile con il gasolio fino al 20-30%, sui diesel attualmente in circolazione, e fino anche al 100% nei vecchi motori diesel.
La tendenza è quella di usare miscele con etanolo fino all’85% (E85) nei motori compatibili, come Flex Fuel, diffusi in USA e Brasile e da poco introdotti in Europa. Al riguardo, si pongono, però, problemi distributivi delle relative pompe dedicate all’E85 (85% etanolo e 15% benzina). L’etanolo miscelato con la benzina è in grado di aumentarne il numero di ottani e la maggior percentuale di ossigeno, rispetto alla benzina, migliora la combustione con riduzione di alcuni inquinanti. Il Biodiesel, invece, aumenta la “lubricità” del gasolio e può contribuire ad una migliore combustione, ma può ridurre la durata del motore e causare problemi in climi particolarmente freddi.
In Brasile e negli USA i costruttori si sono affrettati ad offrire al pubblico tutta una serie completa di veicoli adatti a tali carburanti, anche se con la preoccupazione – ben presto dimostratasi infondata che la costruzione di veicoli adatti all’uso dell’E85 avrebbe potuto far aumentare la disponibilità di carburanti tradizionali.
I costruttori europei, si è appreso durante il Workshop, vedono di buon occhio un maggior uso di biocarburanti, considerandolo uno strumento per raggiungere i livelli di CO 2 imposti recentemente dalla Commissione UE per le autovetture, insieme al progresso tecnico e al contributo delle innovazioni su pneumatici, lubrificanti, carburanti tradizionali, impianti di condizionamento dell’aria ecc…
Tutti i maggiori gruppi dispongono di tecnologie e prodotti adatti all’uso di Biofuels. Anche Ferrari ha presentato al recente Salone di Detroit il modello F430 Biofuel.
Resta comunque una perplessità – come evidenziato da Emilio Di Camillo circa l’effettivo e significativo contributo che un uso esteso dei biocarburanti possa apportare alla riduzione di CO 2.
È pur vero che alcune importanti Istituzioni Internazionali ne hanno contestato l’efficacia, come l’International Transport Forum (ex ECMT) affermando che “soltanto pochi carburanti sembrano offrire garanzie in termini di benefici climatici e di sicurezza nei rifornimenti, ma si tratta comunque di un modo troppo costoso di affrontare il problema”. “Esiste secondo la citata Istituzione un alto grado di incertezza sui vantaggi in termini di riduzione netta dei gas serra”.
“Si aggiunga sempre secondo la fonte che la maggior parte dei carburanti è molto costosa. Solo un prezzo del petrolio molto elevato potrebbe garantirne la commercializzazione senza sostanziosi aiuti”.
Resta comunque valido il discorso che i biocombustibili di seconda generazione (combustibili sintetici) potranno risolvere sia il problema ambientale che quello della sicurezza degli approvvigionamenti. Il consiglio che gli esperti danno ai vari Governi è oggi quello di utilizzare gli incentivi alla produzione di Etanolo e Biodisel in modo più mirato di quanto non sia stato fatto fi no ad oggi, con conseguente esposizione ad un rischio a breve termine di bruschi aumenti nella Fiscalità automobilistica.
Di Camillo ha, infatti, precisato che: “Se le perdite fi scali per ogni litro di carburante venduto si avvicinassero ai circa 0,25 centesimi al litro, si potrebbe ipotizzare, per compensare la perdita erariale, un aumento generalizzato delle accise” che, in un momento economico certamente non buono, si tradurrebbe, secondo le stime, in un costo di 160 euro a persona.

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