VIVERE (E MORIRE) DI TRAFFICO

Mentre questo numero del Notiziario Autodemolitori si appresta a vedere la luce, alcuni milioni di italiani hanno già lasciato alle spalle la scuola, l’ufficio, la fabbrica, il cantiere e si stanno godendo il meritato riposo nelle località prescelte a tale scopo. Una piccola, grande avventura che si ripe- te puntualmente ogni anno e che, come tutte le imprese umane, comporta rischi, sacrifici e difficoltà. La più banale, ma anche quella capace di rovinare una vacanza, è sicura- mente il traffico. Più o meno chiunque ha provato sulla pro- pria pelle la tortura della “coda”, quel senso di incomprensibile inutilità di fronte all’evento e l’impossibilità di porvi rimedio; tra l’altro, chiunque sa cosa significhi l’esplosione emozionale suscitata dal rimanere incolonnati nel traffico sotto il sole estivo (memorabile, in questo senso, l’esempio del film L’ingorgo di Luigi Comencini del 1978).

Né il fenomeno è limitato alle grandi arterie di comunicazione come le autostrade: il traffico veicolare è convulso e rallentato tanto nelle grandi metropoli quanto in provincia. E questo determina vari effetti nella vita umana. Secondo un’indagine realizzata da RaiNet qualche anno fa, a partire dai dati desunti dal Censis, il tempo che gli italiani trascorrono ingabbiati negli ingorghi stradali, raggiunge valori molto alti. Se si guarda la media dei minuti giornalieri “persi” dai cittadini delle quattro metropoli del Bel Paese si resta sorpresi: 135′ per i romani, 140′ per i napoletani, 115′ per i milanesi e 105′ per i bolognesi. Se, per puro spirito di indagine statistica, si dovessero moltiplicare questi minuti per tutto l’arco della vita media di allora di un cittadino italiano (74 anni), c’è di che rimanere allibiti: i napoletani “hanno perso” 7,2 anni di vita nel traffico; i romani 6,9; i bolognesi, 5,9 e i meneghini “solo” 5,3 anni. Il tutto in un contesto che vedeva, nel solo 1998, 2.364.000 nuove vetture immatricolate a fronte di 532.843 nuovi nati (che significa 4,4 automobili per ogni bambino nato!). A livello macroscopico, a cavallo del nuovo millennio, il parco auto italiano era costituito da 40.000.000 di auto passeggeri, 3.250.000 veicoli commerciali e quasi 5.000.000 tra motocicli e ciclomotori (ANPA 2000) in un contesto che vedeva la crescita annua del 2% nel triennio 1995 – 1998, così come desunto dal Rapporto Ecosistema Urbano 2000 di Legambiente. Sempre nel 1998 i consumi di benzine e gasolio da trazione si sono attestati su una media pro-capite di 625 Kg di petrolio equivalente per abitante e, da un calcolo ulteriore si evinceva che, solo per i trasporti, si spendeva 558 miliardi di Euro di cui circa il 90% andava a coprire i trasporti su strada. Andando a guardare i vari capitoli di spesa (escludendo momentaneamente l’inquinamento atmosferico, quello acustico e relative conseguenze per la salute umana), si poteva vedere, allora, che la voce più dispendiosa riguardava gli incidenti che pesavano in media quasi del 3% sul PIL dei Paesi Europei. Tanto più che un’indagine congiunta condotta in Francia, Austria e Svizzera aveva rilevato che i costi sanitari del- l’inquinamento atmosferico causato dal traffico veicolare (calcolato in base ai ricoveri ospedalieri, ai giorni lavorativi persi, e al numero dei decessi), produceva costi per circa 27 miliardi di Euro l’anno pari a circa 360 Euro pro-capite. Che succede oggi, a qualche anno di distanza? Attualmente il settore trasporti, nel continente europeo, è responsabile dell’immissione in atmosfera del 74% di monossido di carbonio, del 55% di ossidi di azoto e del 47% di idrocarburi volatili, sostanze nocive tanto per l’ambiente, quanto per le varie forme di vita, umana compresa, al punto che la stessa Commissione Europea, nello studio “Clean Air For Europe”, annovera questi fattori tra le cause principali di morti premature e l’aumento di patologie acute a carico del sistema respiratorio e riproduttivo. Diversi e articolati, sono stati gli interventi normativi che la Comunità Europea ha emanato per arginare ed uniformare gli interventi dei singoli Stati nella gestione complessiva dell’inquinamento atmosferico; altrettanti i provvedimenti che le singole Regioni e i relativi Comuni hanno adottato al fine di rientrare nei parametri europei. Tuttavia, malgrado grandi proclami, già nei primi due mesi del 2007, (dati Legambiente) erano ben 15 le città italiane ad aver “doppiato” il traguardo dei 35 giorni consentiti per il supera- mento del limite giornaliero di PM10 (limite fissato a livello europeo in 50 microgrammi/m3). In questo senso il Rapporto Ecosistema Urbano 2007 di Legambiente è piuttosto chiaro: “I valori di biossido di azoto sono oggi superiori ai limiti di legge in 43 comuni rispetto ai 38 dello scorso anno, mentre per le polveri sottili il livello dell’allarme sanitario è stato superato in 24 città”. Un poco più consolante il dato relativo alla densità automobilistica: “dopo anni di continua crescita, nel 2005 si regi- strano circa 400.000 auto in meno nelle città rispetto al 2004… tuttavia non è in grado di far calare considerevolmente il dato medio nazionale: c’erano l’anno scorso 63 auto ogni 100 abitanti, ce ne sono 61 oggi e in 4 città (Pordenone, Roma, Viterbo e Aosta) si oltrepassano le 70 vetture per 100 abitanti”. Sempre secondo il Rapporto: “nel 2005 l’inquinamento da NO2 sembra dare lievi segnali di miglioramento, anche se la situazione rimane comunque critica e sono molti i casi in cui le concentrazioni in aria continuano a superare le soglie considerate pericolose per la salute umana”, così come previsto dalla Direttiva comunitaria 1999/30/CE recepita in Italia dal DM 60/aprile/2002. Anche l’inquinamento da PM10: “mostra una riduzione rispetto al 2004, che vedeva già dei deboli segnali di miglioramento”. Interessante il fatto che anche il consumo pro-capite di carburante, tra il 2004 e il 2005, abbia registrato una contrazione. Il consumo medio di carburante, stimato in Kili di petrolio equivalente (kep) è passato da 444 a 436 kep/abitante in un contesto quasi generale (82 province su 103). È evidente che la maggiore informazione circa gli effetti dell’inquinamento in generale (e quello dell’aria in particolare) sulla salute pubblica e sulla qualità della vita hanno fatto una piccola breccia nel- le menti di cittadini ed amministratori, i quali accanto ad una rinnovata coscienza ecologica e ad una crescente domanda di “sostenibilità”, ha saputo dare tiepide ma significative risposte. Non è un caso che la Regione Lombardia, fra le più colpite dal problema, sia stata la prima ad intervenire praticamente con una Legge Regionale (la 24 del 2006, meglio nota come Legge Quadro antismog) che presenta una serie di disposizioni e misure volte alla prevenzione e alla riduzione delle emissioni in atmosfera a partire anche da interventi di disincentivazione del traffico veicolare; miglioramento del servizio pubblico locale in materia di mobilità, sviluppo della mobilità cicli- stica e pedonale. Piccoli segnali, certo. Tuttavia la situazione generale in Europa non sembra dare segnali confortanti. Qualche tempo fa, l’Agenzia Europea per l’Ambiente (EEA) col suo Rapporto “Transport and environment: on the way to a new common transport policy. TERM 2006: indicators tracking transport and environment in the European Union”, ha criticato esplicitamente la Commissione Europea per aver abbandonato la politica di gestione della domanda di trasporto, e quindi per non essere in grado di arrestare la crescita delle emissioni climalteranti e degli altri effetti negativi dei trasporti. L’EEA, ha stigmatizzato la quantità di sovvenzioni annue (circa 280 miliardi di Euro) destinate ai trasporti, sovvenzioni che andrebbero eliminate per favorire l’internazionalizzazione dei costi esterni dei trasporti. Secondo l’associazione europea T&E (Transport & Environment): “L’EEA ha aspramente criticato il cambiamento proposto nella politica comunitaria del trasporto pubblico che si allontana dalla gestione della domanda e all’impatto ambientale dei trasporti”. Nel suo Report annuale sullo stato dei trasporti europei l’EEA afferma che la crescente domanda per il trasporto in generale sta minando il progresso globale dell’UE verso il raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni climalteranti previsti dal Protocollo di Kyoto. E ancora, si afferma che ridurre la domanda di trasporto dovrebbe risultare un elemento chiave della politica europea nel settore. Il Direttore della EEA, Jacqueline McGlade, ha detto: “non possiamo affrontare l’aumento delle emissioni di gas serra, l’inquinamento da rumore e il frazionamento del paesaggio causati dal trasporto senza affrontare l’incremento del traffico”. Quindi ben vengano iniziative volte alla riduzione dei veicoli circolanti, soprattutto quelli più inquinanti; ben vengano incentivazioni alla rottamazione delle vecchie auto a favore delle nuove, magari a motore ibrido e ad impatto ambientale ridotto (come è stato annunciato avverrà nella città di New York, dove il sindaco Michael Bloomberg ha previsto la riconversione totale della flotta di 13.000 taxi pubblici con altrettanti automezzi eco-compatibili con un effetto di riduzione dei gas serra stimato pari all’eliminazione di 32.000 vetture private). Ben vengano, infine, tutte quelle iniziative volte ad una nuova visione della mobilità pubblica e privata, a partire dall’incrementazione del trasporto pubblico, con criteri sostenibili, e con l’obiettivo puntato sulla persona in quanto essere vivente e non ingranaggio di un sistema sociale che si alimenta della sola circuitazione di risorse economiche

Condividi con:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *