LA COMMERCIALIZZAZIONE DEI RICAMBI PROVENIENTI DAI VEICOLI FUORI USO

1. Premessa Le problematiche collegate alla commercializzazione dei ricambi provenienti dalla demolizione dei veicoli fuori uso sono collegate al ricordo delle pionieristiche ed animate discussioni degli anni ’80 (periodo di vigenza del D.P.R. 915/82) in merito alla regolamentazione dei “Veicoli a motore, rimorchi e simili”. Era la prima volta che nell’ambito della normativa sui rifiuti veniva introdotta la specifica disciplina, infatti sino ad allora la gestione dei centri di raccolta dei veicoli fuori uso era stata considerata a tutti gli effetti come attività commerciale. Tanto che, per la gestione dei centri in questione, era considerato elemento imprescindibile il rilascio di “una apposita licenza comunale che stabilisce, tra l’altro, i limiti massimi della superficie … al fine di evitare l’eccessivo deterioramento dei materiali stessi e di agevolarne una sollecita riutilizzazione”. Tale licenza, rilasciata dal Sindaco ai sensi dell’art. 126 del TULPS di cui al R.D. 18/6/1931 n. 773, consentiva la vendita di cose antiche ed usate, cioè la commercializzazione dei ricambi.

Quanto sopra per evidenziare che gli autodemolitori “sono nati” come commercianti e sono “forzosamente” diventati gestori di rifiuti. infatti anche quando il parco autoveicoli circolante non raggiungeva le attuali consistenze e, conseguentemente, il numero dei veicoli da avviare al recupero era modesto, la vendita dei pezzi di ricambio ha rappresentato per l’intera categoria una fonte di reddito. Con l’evoluzione della normativa ambientale (prima il D.Lgs. 22/97 e, da ultimo, il D.Lgs. 209/2003) gli autodemolitori hanno sempre più acquisito la figura di gestori dei rifiuti, tanto che vengono posti a loro carico adempimenti burocratici a volte molto più gravosi rispetto agli altri operatori addetti allo smaltimento dei rifiuti pericolosi. La vendita dei ricambi deve avvenire nel rispetto della normativa di riferimento che, brevemente e senza pretesa di infallibilità, intendiamo illustrare: – parte prima, dedicata alla normativa nazionale; – parte seconda, dedicata alle possibilità di commercializzazione dei ricambi nei paesi dell’UE e nei paesi terzi. 2. La gerarchia della normativa: reimpiego dei componenti. Il Decreto Legislativo 24 giugno 2003, n. 209 (successivamente modificato dal D.Lgs. 23 febbraio 2006 n.149) intende perseguire politiche che facilitano le operazioni di reimpiego delle componenti provenienti dalla rottamazione dei veicoli fuori uso. La lettera q), comma 1, dell’art. 3 del D.Lgs. 209/2003 definisce “reimpiego” come : “le operazioni in virtù delle quali i componenti di un veicolo fuori uso sono utilizzati allo steso modo per cui erano stati originariamente concepiti”. Inoltre il primo comma dell’art. 7 del D.Lgs. in questione prevede: “Ai fini di una corretta gestione dei rifiuti derivanti dal veicolo fuori uso, le autorità competenti, fatte salve le norme sulla sicurezza dei veicoli e sul controllo delle emissioni atmosferiche e del rumore, favoriscono, in conformità con la gerarchia prevista dalla direttiva 75/442/Cee, il reimpiego dei componenti idonei, il recupero di quelli non reimpiegabili, nonché, come soluzione privilegiata, il riciclaggio; ove sostenibile dal punto di vista ambientale”. 3. I Soggetti attuatori. Sia i Soggetti pubblici che privati sono chiamati a collaborare in sinergia per il raggiungimento delle predette finalità e, a ciascuno di essi, la legge riserva specifiche azioni che possono essere sinteticamente così riassunte: • Regioni, d’intesa con i Comuni e le Province, promuovono iniziative idonee a favorire il reimpiego ed il riciclaggio delle parti di ricambio derivanti dalle operazioni di trattamento veicoli fuori uso, ricorrendo (se del caso) ad appositi accordi da sottoscrivere con le associazioni di categoria; • Operatori economici: produttori, distributori, addetti alla raccolta, imprese di demolizione, di frantumazione, di recupero, di riciclaggio, ecc.., garantiscono una elevata percentuale di reimpiego e di recupero (ad esempio: entro il 1 gennaio 2015 dovrà essere raggiunto un recupero pari al 95% del peso medio per veicolo) Per la verifica del raggiungimento di tale obiettivo è previsto l’invio dei dati attraverso il modello di dichiarazione ambientale di cui alla legge n. 70 del 1990 (MUD – Sezione Veicoli).In particolare il produttore dei veicoli è chiamato ad adottare, fin dalla fase della progettazione, particolare attenzione in merito all’utilizzo dei materiali riducendo la pericolosità di talune sostanze pericolose che in sede di trattamento del veicolo fuori uso potrebbero causare problematiche ambientali per il loro smaltimento ed impedire il reimpiego dei materiali. Allo scopo, il produttore del veicolo, entro sei mesi dall’immissione sul mercato dello stesso veicolo, mette a disposizione degli impianti di trattamento autorizzati informazioni per la demolizione, attraverso apposito manuale o supporto informatico. Tali informazioni devono consentire di identificare i diversi componenti e materiali del veicolo e l’ubicazione di tutte le sostanze pericolose in esso presenti. Il produttore del veicolo, in accordo con il produttore di materiali e di componenti, utilizza le norme di codifica previste dalla decisione 2003/138/Ce. 4. I compiti dei titolari dei centri di trattamento. Il veicolo fuori uso conferito al centro viene avviato, “al più presto”, alle operazioni inerenti la messa in sicurezza, consistenti nella rimozione dell’ accumulatore, neutralizzazione delle soluzioni acide, rimozione serbatoi gas, neutralizzazione dei componenti che possono esplodere (airbag), ecc… e successivamente avviato alla demolizione. Nella fase di demolizione occorre prestare attenzione affinchè lo smontaggio avvenga in modo da non compromettere le successive possibilità di reimpiego, di riciclaggio e di recupero. 5. La commercializzazione delle parti di ricambio. La commercializzazione delle parti di ricambio può essere effettuata da parte del titolare del centro sia ad acquirenti occasionali che agli autoriparatori, tenendo presente comunque che le parti di ricambio attinenti alla sicurezza possono essere commercializzate solo a soggetti esercenti attività di autoriparazione ed iscritti ai sensi della legge 5 febbraio 1992, n. 122. Le imprese che esercitano l’autoriparazione sono tenute a trascrivere nella fattura da rilasciate al cliente che il veicolo è stato riparato con l’utilizzo di ricambi provenienti dalla demolizione di altro veicolo fuori uso: tale obbligo è previsto sia nel caso di utilizzo di parti generiche che nel caso di utilizzo di ricambi attinenti alla sicurezza. Sono parti di ricambio attinenti alla sicurezza i componenti il cui funzionamento errato provoca direttamente una perdita di controllo dell’autoveicolo o qualsiasi altro grave rischio per gli occupanti o eventuali terzi coinvolti ed i componenti il cui mancato funzionamento non è avvertibile dal conducente con un anticipo sufficiente a permettere di arrestare la marcia del veicolo o a consentire manovre tali da eliminare le possibilità di rischio. In particolare sono parti di ricambio attinenti alla sicurezza: a) impianto freni: servofreno; pompa/cilindro freni; dischi/ tamburi; pinza completa; disco portafreni; tubazioni flessibili/rigide; pedaliera completa; cavi per freno a mano; leva freno a mano; b) sterzo: albero superiore e inferiore snodato; tiranteria lato cremagliera/ruote; tubazioni idroguida; organi servosterzo; c) sospensione anteriore/posteriore: montanti/mozzi/fusi con relativi cuscinetti; bracci oscillanti; perni a sfera; puntoni/barre stabilizzatrici/aste longitudinali; traverse e telai; ammortizzatori; d) trasmissione: semiassi; e) varie: tubazioni impianto alimentazione; pompa benzina esterna; sistemi di ritenuta per sicurezza passiva (cinture, pretensionatori, air bag). 6. Le problematiche collegate alla “revisione singola” Le parti di ricambio attinenti la sicurezza possono essere commercializzate esclusivamente ai soli autoriparatori iscritti all’apposito Albo di cui all’articolo 5 della legge 122/92 e sottoposte alla “revisione singola” (1) così come previsto dall’articolo 80 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (codice della strada). In merito alla necessità di avviare alla “revisione singola” le parti di ricambio da utilizzare è interessante evidenziare che, in data 16.01.2003, la Commissione della Camera dei Deputati, istituita per valutare l’attuazione nella direttiva 2000/53 del Parlamento europeo (direttiva recepita con il D.Lgs. 209/2003), ha ritenuto opportuno procedere ad una serie di audizioni mirate ad approfondire il sistema della rottamazione degli autoveicoli usati. In tale circostanza il Presidente dell’Automobile Club Italiano ha rappresentato la difficoltà di avviare alla “revisione singola” le parti di ricambio per mancanza di una regolamentazione, tenuto presente che l’articolo 80 del Codice della Strada fa riferimento unicamente ai rapporti redatti dagli organi di polizia stradale a seguito di sopralluoghi in caso di inci- dentati stradali. Anche in mancanza di specifica norma che regolamenta l’accesso alla revisione singola si tenga presente che l’art. 78 del Regolamento di attuazione del codice della strada prevede che: ” I veicoli a motore ed i loro rimorchi devono essere sottoposti a visita e prova presso i competenti uffici della Direzione generale della M.C.T.C. quando siano apportate una o più modifiche alle caratteristiche costruttive o funzionali, ovvero ai dispositivi d’equipaggiamento indicati negli articoli 71 e 72, oppure sia stato sostituito o modificato il telaio”. Pertanto, anche qualora non si provveda alla revisione singola del pezzo di ricambio da parte dell’officina auto- rizzata, spetta al proprietario provvedere a sottoporre a visita l’autoveicolo non più rispondente alle caratteristiche costruttive o funzionali. (La 2a parte verrà pubblicata nel prossimo numero di Autodemolitori) Note: (1) Revisione singola.Il comma 7 dell’articolo 80 del D.Lgs. 285 del 30 aprile 1992 (codice della strada) prevede: “In caso di incidente stradale nel quale i veicoli a motore o rimorchi abbiano subito gravi danni in conseguenza dei quali possono sorgere dubbi sulle condizioni di sicurezza per la circolazione, gli organi di polizia stradale di cui all’art. 12, commi 1 e 2, intervenuti per i rilievi, sono tenuti a darne notizia al competente ufficio della Direzione generale della M.C.T.C. per la adozione del provvedimento di revisione singola.”

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