L’AUTODEMOLIZIONE DEL FUTURO È CERTIFICATA

Al fine di rendere un migliore servizio ai Lettori, a partire da questo numero, il Notiziario Autodemolitori si arricchisce di una apposita Rubrica dove, nel corso dell’anno, saranno approfondite le tematiche legate al nuovo modello di impresa di autodemolizione, così come indicato nelle normative europee e nazionali.

Tutto questo alla luce di un urgente cambio di indirizzo generale che vede sempre più il mondo dell’impresa coinvolto in problematiche finora appannaggio di poche “voci nel deserto”.

Non dimentichiamo, poi, che gli imperativi della new economy, le dinamiche di un mercato sempre più globale, accanto ad una crescente attenzione che il mondo dell’impresa deve dedicare affinché processi produttivi e servizi siano poco impattanti sull’ambiente,costituiscono ulteriori motivi di sprone ad un cambiamento generale dell’ottica nell’attività di impresa.

Bussola indispensabile per tracciare la rotta in un “mare incognito” fatto di normative, spesso poco coerenti fra di loro, controlli incrociati, modelli interpretativi che variano dal Governo centrale a quello locale, è la conoscenza specifica, quella stessa che si ritrova fra i membri di una seria Società di servizi che della consulenza manageriale e strategica ha fatto il suo core business. Pertanto, per questa prima puntata, in cui si affronteranno le problematiche relative alla certificazione ambientale di un’impresa di autodemolizione, abbiamo intervistato il Dott.Vitale Vicoli, Amministratore della Krom srl, Società in San Salvo (CH), riservandoci, per le prossime uscite di coinvolgere in questa avventura anche il dott. Massimiliano Cordeschi, Responsabile Tecnico Ambiente e Sicurezza di Krom Srl.

Dott. Vicoli qual è la nuova filosofia di un impresa di autodemolizione alla luce del D. Lgs. 209/03? Il 22 febbraio scorso è scaduto il termine per la presentazio- ne del progetto di adeguamento ai sensi dell’art.15 del D. Lgs 209/03 “Attuazione della Direttiva 2000/53/CE relativa ai veicoli fuori uso”.

La Conferenza dei presidenti delle regioni ha votato un documento di indirizzo con il quale si affrontavano alcuni interrogativi posti dal decreto medesimo, nell’ottica di uni-formare le modalità di comportamento, a fronte di molti aspetti ancora controversi. Il documento approvato chiariva che, alla presentazione del progetto di adeguamento di cui all’articolo 15, comma 1, erano tenuti esclusivamente i soggetti titolari di centri di raccolta e di impianti di trattamento già autorizzati ai sensi degli articoli 27 e 28 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, che trattano rifiuti classificati con i codici CER 16 01 04* e 16 01 06.

I soggetti che operano in regime di procedura semplificata (comunicazione ai sensi degli articoli 31 e 33 D. Lgs. 22/ 1997) sono sottoposti al solo controllo ispettivo della Provincia di cui all’articolo 15, comma 4, da effettuarsi entro 6 mesi dall’entrata in vigore del D. Lgs. 209/2003, cioè entro il 22 febbraio 2004.

L’articolo 15, comma 2, del D. Lgs. 209/2003 prevede che i lavori di adeguamento previsti dal rispettivo progetto devono essere conclusi entro 18 mesi dall’approvazione del progetto medesimo.

Se si analizza l’allegato, ci si rende conto che alcuni requisiti sono di carattere strutturale, (per esempio l’impermeabilizzazione) che prevedono la progettazione, la costruzione o l’installazione di opere; altri, invece, sono di natura gestionale, (per esempio il numero massimo di carcasse accatastabili) cioè dipendono da un comportamento attivo che il titolare dell’attività deve iniziare a tenere dal momento in cui la norma lo stabilisce.

Le Regioni hanno definito tempi di adeguamento per gli interventi strutturali pari a 18 mesi a decorrere dalla data di approvazione del progetto di adeguamento e, in ultima analisi, al gennaio 2006. Tale data è ottenuta computando i termini massimi previsti dall’articolo 15, e cioè al termine del 22 febbraio 2004 sono stati aggiunti 150 giorni per la conclusione del procedimento e la pronuncia in merito al progetto (21 luglio 2004) più i 18 mesi concessi per l’adeguamento (si arriva così al 21 gennaio 2006).

A proposito delle scadenze indicate, per ritenerle adeguate o eccessive, occorrerebbe conoscere nel concreto che co- sa comporta a livello di singolo impianto: l’impostazione più corretta dovrebbe essere quella di stabilire i termini di adeguamento a partire dalle dimensioni del progetto e non in modo così indiscriminato. La nuova filosofia di cui l’autodemolitore prende atto è basata su una nuova coscienza di rispetto delle problematiche ambientali legate a questo tipo di attività; infatti l’ambiente è un cliente a tutti gli effetti che viene soddisfatto nelle sue aspettative implicite, attraverso un adeguamento strutturale con conseguente nuovo approccio mentale. Questo modus operandi permette di rendere più competitivo il settore specifico, a livello di visibilità, di controllo delle normative ambientali e della sicurezza sul lavoro, con la semplificazione da parte degli enti preposti, delle attività di controllo e l’abbattimento delle sanzioni penali ed amministrative il cui conto da pagare, spesso, è caro.

Certificazione e autodemolizione un binomio possibile? Alla luce di quanto detto nel punto precedente la risposta non può essere che affermativa. La certificazione ambientale UNI EN ISO 14001:2004 e la più impegnativa registrazione EMAS del sito, permettono di rendere più visibile il rispetto verso l’ambiente che l’autodemolitore dichiara ai propri clienti, agli enti preposti al controllo e alla comunità tutta nel quale contesto opera.

Raggiungere obiettivi specifici prefissati, ad esempio, a livello di riciclaggio e recupero dei materiali, l’individuazione di soluzioni tecniche concrete e l’identificazione di processi organizzativi logistici tali da rendere economicamente sostenibile le suddette operazioni, possono essere un viatico importante per l’azienda che può trovare nella certificazione del proprio sistema aziendale una prospettiva di sviluppo sostenibile a tutti gli effetti.

Avere un sistema di controllo delle problematiche ambientali è possibile: i regolamenti comunitari e le leggi nazionali non ammettono distrazioni. Basta poco per incorrere in sanzioni gravose dal punto di vista amministrativo e penale. Sapere di essere in grado, in maniera autonoma, di avere un controllo anche degli aspetti normativi, sensibilizza alla problematica l’azienda quando questa conosce il limite e la prescrizione che la legge impone, migliorando a priori il rapporto con l’ente deputato al controllo.

Quali sono le problematiche principali che un’impresa di autodemolizione si trova ad affrontare nel momento in cui intende avviare il processo di certificazione delle proprie attività

L’adesione volontaria ad un progetto di certificazione impone anche un adeguamento della struttura che il D. Lgs. 209/03 impone quale atto obbligatorio, quali ad esempio: un’area adeguata alla realizzazione dei diversi cicli di

lavorazione, dotata di superficie impermeabile; un’apposita viabilità interna per un’agevole movimentazione, anche in caso di incidenti;

un sistema di convogliamento delle acque meteoriche che indirizza le acque in un separatore per gli oli, opportunamente dimensionato;

un idoneo sistema di raccolta e trattamento dei reflui; un’area destinata al recupero di metalli ferrosi e non

ferrosi, non provenienti da autodemolizione; una specifica recinzione lungo tutto il perimetro.

La struttura base del sistema di qualità ambientale è costituito dal Manuale di Gestione, comprensivo delle procedure, delle eventuali istruzioni operative e della modulistica a supporto della documentazione.

Essa rappresenta l’evidenza che le attività vengono eseguite e tenute sotto costante controllo da parte dell’azienda; inoltre la formazione continua erogata agli operatori, permette di far risaltare il ruolo della stessa manodopera che diventa parte integrante del sistema stesso assegnandole un valore aggiunto.

Qual è il futuro del comparto dell’autodemolizione alla luce di obblighi normativi sempre più complessi e di fronte alle difficoltà del mercato globale? Alla luce di quanto abbiamo illustrato sopra sembra che il colpevole di questo film giallo sia di facile individuazione: le autodemolizioni diventano ufficialmente “service” delle varie case automobilistiche, in linea con quanto dettato dal Decreto 209/03, proprio come sono oggi le officine auto- rizzate, anche se, dal mio punto di vista, con una finalità sociale di spessore qual è la pulizia del parco auto obsoleto, rispettando le regole “ambientali” che privilegiano la bonifica e il recupero dei vari materiali.

A questo punto credo sorgano spontanee alcune domande:

le strutture di asservimento per la ricettività e il riciclaggio del materiale “bonificato”, saranno pronte o, meglio ancora, disponibili sul territorio? I costi della logistica di trasferimento di questi materiali come saranno gestiti?

Queste sono solo alcune delle domande che hanno necessità di risposte politiche e aziendali a breve giro di posta: l’ambiente non può aspettare oltre! È di pochi giorni fa la notizia dell’analisi fatta da alcuni scienziati americani i quali affermano che ci sono ancora 10 anni di tempo per il pianeta prima che l’intervento ambientalmente distruttivo dell’uomo, possa arrivare al punto di non ritorno.

A rifletterci bene 10 anni sono un soffio di vento nel ciclo vitale del pianeta: bisogna trovare soluzioni operative senza cullarsi oltre sul gioco dello scaricabarile politico circa le problematiche ambientali.

Competitività, managerialità e strategie di sviluppo. Quali strumenti offre il mercato a chi si avventura, spesso con difficoltà, sui sentieri impervi della new economy?

Gli strumenti oggi disponibili sono molti, anche in considerazione del fatto che il mercato è diventato globale a tutti gli effetti e questo ha provocato da una parte molta più dinamicità e determinato nuove occasioni per le aziende già proiettate al mercato estero, dall’altra una implosione delle aziende non attrezzate a sopportare una ulteriore fase di concorrenza che proviene da mercati a volte lontanissimi (e mi riferisco a quelli asiatici), ma che con la forza dei capitali disponibili, si avvicinano con sempre maggiore insistenza. Non credo, tuttavia, che la soluzione sia la chiusura, anzi, il contrario. Solo le aziende che avranno la capacità di fare “impresa” nel senso letterale del termine, potranno non solo sopravvivere su questo mercato così vasto, ma credo che oggi ci siano delle grandi occasioni per conquistare spazi immensi in termini di opportunità economiche. Ricordiamo che in Cina risiede il 10% di tutta la ricchezza mondiale e questo significa che vi sono una serie di interlocutori che hanno “necessità” di investire e di fare business e gli stessi soggetti sentono, al contempo, il bisogno di spendere e lo faranno laddove verrà offerto loro il prodotto migliore, non importa se dentro o fuori i confini della loro nazione. Credo che oggi uno strumento essenziale per dominare il mercato sia la “partnership” tra le aziende trans-nazionali e credo sia in sostanziale antitesi con la filosofia protezionistica. In effetti, se è vero che chiudendo la porta di casa a chiave mi proteggo da eventuali eventi di cui ho timore, è anche vero che prima o poi quella porta bisognerà aprirla, con il rischio di trovare un mondo assolutamente diverso da quello che mi sono lasciato alle spalle e del tutto anacronistico rispetto alle potenzialità di mercato che avrei potuto esprimere. Per concludere, sottolineo che, benché vi sia una grande opportunità di allargare il nostro mercato di riferimento, è pur vero che la politica economica del nostro Paese deve prevedere questi meccanismi di scambio e tenere a bada delle bolle speculative di particolare durezza. In questa dinamica di mercato le Aziende di Autodemolizio- ne devono rafforzare la loro posizione sul mercato, agendo sull’organizzazione della propria attività, irrobustendosi a livello strutturale ed aprendosi a nuovi scenari.

Qual è lo stato dell’arte nelle richieste di consulenza aziendale da parte di imprese che operano nel settore dell’autodemolizione? Pochi giorni fa, abbiamo svolto una analisi sulla situazione delle certificazioni nel settore specifico e possiamo dire senza timore di essere smentiti che siamo in una fase “so- lo” iniziale di adeguamento degli autodemolitori rispetto alle richieste specifiche sia delle norme cogenti di settore che di quelle volontarie (vedi ISO 9001:2000 o ISO 14001: 2004), nonché delle richieste che giungono dalle case automobilistiche.

In effetti abbiamo constatato che rispetto ad alcune migliaia di soggetti del settore, solo 317 aziende (non solo del com- parto autodemolizioni) operanti nel macro-settore “raccolta e riciclo” (EA24) sono certificate ISO14001:2004 e di queste il 40% si situa in Emilia Romagna e Lombardia.

Credo che questi dati siano significativi, specie se pensiamo alle attività che ha intrapreso FIAT Auto per l’accreditamento di alcuni siti di autodemolizione in varie regioni italiane, nel segno di una integrazione a valle del sistema e per garantire il “Cliente” che i rifiuti di quegli “oggetti” costruiti con gran profusione di energie e di materia, possono a loro volta essere fonte di materiali riciclati e, perché no, di energia alternativa (vedi il Fluff).

Naturalmente, questo atteggiamento deve essere impostato e vissuto dagli autodemolitori, come un momento storico di particolare rilevanza, perché finalmente sono considerati come partner dell’industria automobilistica, anche se sono chiamati a fare un salto culturale importante che li porta a diventare “aziende” non solo su una visura camerale, ma nel modo di pensare l’attività e di progettarla.

È in questa situazione che è possibile cominciare ad introdurre argomenti come quelli della certificazione di qualità ISO 9001:2000 e ambientale ISO 14001, intese non quali possibilità di ulteriori certificati da appendere alla parete delle rispettive aziende, ma come modo e, oserei dire “occasione”, per analizzare e in alcuni casi re-impostare la propria organizzazione in una ottica di integrazione immediata con il nuovo mercato che sta avanzando.

Customer Satisfaction, Temporary Management, Marketing, Engineering e Re- engineeringDove trovare una bussola per orientare le proprie scelte aziendali?

Sono termini altisonanti che riempiono i discorsi di molti addetti ai lavori, ma credo vadano usati con la dovuta distinzione: il Marketing o il Rengineering sono solo strumenti operativi per raggiungere la Customer Satisfaction, alla cui base vi è una ferma volontà imprenditoriale di misurarsi con il mercato, spogliandosi dalle rigidità mentali e organizzative.

Il Cliente è l’obiettivo delle attività aziendali, tuttavia credo si debba specificare che il cliente non è solo colui che compra prodotti, ma è anche un addetto dell’impresa, che vuole essere trattato secondo precise aspettative, un collega che attende una decisione o un manufatto: un microcosmo che deve essere trattato con il dovuto rispetto e non come una globale discarica.

In tutte queste occasioni, se il Cliente è insoddisfatto possiamo far poco, a meno che non siamo dotati di meccanismi di monitoraggio di questa insoddisfazione, che ci permette di evitare le “derive” aziendali il cui esito può essere molto negativo.

Gli schemi certificativi, sia aziendali che ambientali, mirando a strutturare una serie di sensori aziendali per captare eventuali anomalie, tendono, con questo metodo, a soddisfare “il cliente” nella sua accezione più vasta, sulla base di un principio fondamentale: è l’economicità che permette di raggiungere la “profittabilità” di ogni azione imprenditoriale. Ritengo che nei prossimi anni questo tipo di approccio sarà molto più diffuso nell’ambito delle autodemolizioni, con un salto dimensionale di queste strutture sia a livello di produttività, ma, soprattutto di cultura aziendale e di capacità di trasferire degli importanti messaggi tecnici, anche a monte della filiera.

Sarà interessante, inoltre, anche costruire una rete interregionale di indicatori, sia su parametri tecnici che di soddisfazione dei clienti, che diventino oggetto di analisi per proporre miglioramenti nel settore.

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